Pompei: i ragazzi di Messigno in scena con “Io ci credo”

Sabato e domenica scorsa nel capannone di via Casone, i ragazzi della parrocchia Sacri Cuori di Messigno hanno messo in scena “Io ci credo” tratto dal lavoro “Scugnizzi” di Claudio Mattone.

A presentare l’evento-meditazione organizzato in seno alla chiesa di piazzetta Concordia, il parroco don Modestino Capodilupo.

“La volontà di mettere in piedi un nuovo spettacolo è nata per tenere insieme i giovani – ha spiegato don Modestino – ovviamente quando parlo di tenerli insieme mi riferisco alla chiara volontà di spingerli a fare un cammino congiunto. Le prove non erano  propedeutiche solo a mettere in scena uno spettacolo ben curato, ma anche a far sì che tutti potessero recepire il messaggio custodito nel musical, farlo proprio tanto da renderne partecipe tutta la comunità”. ‘Io ci credo’ non sembra essere un recital prettamente religioso, ma don Modestino spiega: “Il motivo di fondo per la scelta del copione da realizzare è quello di voler alternare uno spettacolo religioso nella forma e nel contenuto come ‘Non c’è amore più grande di questo’ con un musical dove la forma non è prettamente religiosa ma che conserva un contenuto molto forte: non ci si deve arrendere alla realtà ma cambiarla grazie all’Amore. Credere che l’Amore possa salvare diventa il naturale passo successivo allo spettacolo messo in scena nell’aprile dell’anno scorso. ‘Io ci credo’ contiene, dunque, un messaggio di fede e di speranza che i ragazzi hanno recepito e che cercheranno di restituire a tutta la comunità”

Lo spettacolo prende il via da una scena ambientata nel carcere minorile di Nisida ove Saverio De Lucia e Raffaele Capasso sognano ad occhi aperti il loro futuro, ma il tutto si svolge vent’anni dopo quando De Lucia diventerà don Saverio, prete di strada e Raffaele sceglierà di essere ’o russo, boss della malavita locale. I due si ritroveranno, poi, di nuovo faccia a faccia, ma su due fronti opposti: il prete lotterà per  allontanare i ragazzi dalla strada suscitando la rabbia del “guappo” che si vede togliere la manovalanza utile allo spaccio della droga.

Nino Vicidomini

 

 

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