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Alle elezioni non si gioca con il futuro

Alcune domande molto banali, nonchè inutili: in quanti sono veramente contenti di votare per esercitare, come si diceva una volta, un necessario diritto di democrazia? Partecipare al voto serve a garantire (secondo i desideri della stragrande maggioranza degli elettori) un governo della città lontano da politiche inefficienti e molto spesso lontane dalla buona amministrazione del bene comune? Chi si candida a Sindaco o a consigliere comunale,  quali interessi prioritari rappresenta: i suoi, di una casta, di un partito, di un clan o piuttosto di una comunità vasta?

Domande banali, dicevamo: un modo per iniziare qualche riflessione (con tantissime difficoltà umorali) sul tema delle elezioni che, è evidente, interessa sempre meno ad ampie maggioranze di elettori. La sensazione sempre più diffusa riguarda il fatto che, a “magliette diverse” indossate durante la partita elettorale, non sempre corrispondono (dopo) politiche diverse, di buona e  duratura amministrazione.

Un appello al non voto o, per dirla alla militare, alla diserzione elettorale, intesa come abbandono “senza permesso” del proprio battaglione di appartenenza? Non proprio. Ma la sensazione è netta (ed è confermata da molti dati reali) riguardo la volontà di “staccare” che si fa sempre più strada in tanti e diversi elettori, anche tra gli “impegnati”, figuriamoci nella maggioranza dei cittadini.

Gli appelli per dissuadere i “nauseati” e i “disillusi” in queste ore si moltiplicano, ma sempre più con argomenti lontani dai temi che dovrebbero essere propri della buona amministrazione delle città. Lo ha capito (e non da ora) Berlusconi che anche nella “sua” Milano, per non correre rischi sulla riconferma della Moratti, ha trasformato le elezione amministrative in un referendum sulla propria leadership: “O con me o con i disturbatori del mio buon governo”. E sono pochi i dubbi che non ottenga quanto si aspetti.

A Napoli poi ed anche in diversi comuni della provincia, il lezzo della monnezza (cumuli compresi) opprime la campagna elettorale. L’aria irrespirabile e le acrobazie tra i “cumuli”, consigliano di rimanere chiusi in casa. Ma è giusto?

Ancora una domanda? Ma quando provo a rispondere, a dire cosa penso? Prendo tempo con un’altra domanda, sto pensando, quando leggo una lettera indignata di una signora napoletana per un episodio di  gratuita violenza ai danni di una donna anziana che camminava in via Chiaia, dove una gang “per gioco” l’ha gettata a terra, riducendola in gravissime condizioni.

La signora scrive: ”Le nostre armi, le sue soprattutto, sono solo le parole, ma lei sa bene che esse possono essere efficaci se vengono usate in maniera martellante per denunciare, senza ma e senza se, e per sollecitare una presa di coscienza collettiva. Nessuno può pensare di continuare a coltivare in pace il proprio orticello se intorno la violenza e il degrado hanno ormai rotto tutti gli argini”.

Quanto scrive la signora vale anche per quanto sta accadendo in questa competizione elettorale dove, forse “per gioco”, troppi candidati “giocano” con il futuro di tanti.

Antonio Irlando

 

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