Chi ha votato domenica scorsa ha lasciato tanti “post”, ma nelle urna. Ha scritto, a chi vuol leggere e capire, che è stanco di urla, insulti, beghe, prove di forza, toni e comportamenti eccessivi, contrapposizioni faziose, ricatti, promesse non mantenute. Ed ancora: di chi non risolve problemi che, invece, si risolvono (emblematico l’esempio della raccolta differenziata dei rifiuti) nel comune vicino; di chi da solo garantisce il “ci penso io”; di chi pensa che per vincere basta indossare una casacca e far credere di “essere”; di chi con spocchia si candida “per graziare gli altri” e “purificare la politica”; di chi usa senza pudore la politica per affermare la propria nullità; di chi vuol far credere che “curare l’orticello” significa contribuire a migliorare l’ambiente di tutti; di chi usa la politica per ottenere quello che sarebbe stato disposto ad avere anche “comprando” e “corrompendo”
Domenica non ha gioito Berlusconi (anzi!) per le forti delusioni di Milano e Napoli, dove pensava che i “suoi” sindaci vincessero al primo turno e lui, a Milano dove era capolista della Pdl, dopo aver trasformato le elezioni in un referendum sulla sua persona, si affermasse con le preferenze che aveva chiesto: “Segnate il mio nome come capolista. Se prendo meno delle 53 mila preferenze della volta scorsa, l’opposizione mi fa il funerale”. A Napoli Il Pdl e Lettieri vanno molto al di sotto del successo alle recenti regionali, nonostante il premier abbia eruttato promesse, pìù della lava del Vesuvio nel 1944. Ha promesso ai tifosi del Napoli: “State tranquilli, mai e poi mai il Milan comprerà Hamsik”. Ha promesso agli abusivisti: “E’ pronto un provvedimento che sospenderà gli abbattimenti delle case abusive in Campania”. Infine, un gran regalo, stimato in circa 270 milioni: “A Napoli si sospenderà l’imposta sui rifiuti, finchè ci sarà un solo sacchetto per strada”. Non è bastato.
Del voto di domenica non ha potuto gioire (dopo un lungo e perdurante coma politico) nemmeno Bersani con il suo Pd che a Napoli non va al ballottaggio con il candidato Morcone, mentre a Milano è al ballottaggio (in vantaggio sulla Moratti) con un “suo” candidato, vincitore delle primarie, ma di provenienza extra pd. Il voto di Napoli e Milano e il successo pieno di Torino, rende marginale le positività perché conferma la irrazionale e inconcludente politica del Pd di questi ultimi anni. Quasi sempre, invece di proporre candidati credibili e programmi comprensibili, capaci di intercettare i bisogni della gente e, quindi, il consenso degli elettori, ogni palese fallimento della propria politica, veniva ossessivamente attribuito, a rotazione, prima al “berlusconismo”, poi alla “emergenza democratica”, poi alla “deriva plebiscitaria”, poi al “regime”, poi al fatto che gli italiani sono “un popolo di ebeti, etero-diretti, drogati da una dittatura dell’informazione che non lasciava scampo, possibilità di riflessione e di critica”. Non è cosi.
Domenica gli elettori hanno spiegato un altro aspetto importante della “rivoluzione” che si aspettano dalla politica: la possibilità di scegliere i candidati e i partiti non in base agli schieramenti di appartenza, quanto piuttosto in base alla loro dimensione umana e alla capacità di interpretare azioni di servizio alle ragioni e alle aspettative che ampie comunità urbane riservano alla buona gestione dei beni e dei valori comuni. Indossare una casacca, piuttosto che un’altra, riferirsi ad un leader nazionale piuttosto che ad un altro, non certifica quasi più nulla e non garantisce un premio “a prescindere”. Domenica si è ampiamente dimostrato, nei grandi e nei piccoli comuni, che il premio elettorale è riservato alla qualità delle persone e alla concretezza dei programmi e delle azioni di buon governo dei territori e delle aspettative dei cittadini.
Antonio Irlando