Dopo tre anni di splendida permanenza, il Sant’Antonio Abate saluta la serie D, e lo fa nel modo peggiore. A condannare i giallorossi alla retrocessione, sono, infatti, stati gli acerrimi cugini dell’Angri, da sempre ostili rivali nel calcio e non solo. Ed è ancora più triste se si pensa che il Sant’Antonio Abate aveva conquistato un preziosissimo punto al “Novi” nella sfida di andata, per poi perdersi sul più bello tra le mura amiche. Doveva essere una festa, l’ultima partita e l’ultima fatica di un campionato da gettare. E invece, è stato uno dei giorni più brutti di tutta la storia del calcio abatese. Gli Ultras avevano preparato tutto: coreografie, striscioni e bandiere. La società aveva incentivato i tifosi, distribuendo cappellini all’entrata e dando insieme al biglietto un foulard celebrativo. Il pubblico aveva risposto alla grande: 1528 paganti, più una trentina di accreditati, e se si contano anche tutti gli under 16 e le donne che non erano soggette al pagamento del biglietto, si arriva ai circa 1800 spettatori, non ripagati a dovere dai propri beniamini. Il Sant’Antonio era partito meglio, poi il goal dell’Angri, un rigore negato e un dubbio fuorigioco fischiato sul goal di Ragosta. Nel secondo tempo gli ospiti hanno subito raddoppiato, e allora i giallorossi hanno perso tutte le speranze, fallendo anche un rigore con Ragosta. Una partita davvero brutta: gli ospiti hanno avuto tre clamorose occasioni da goal, sbagliandone solo una; gli abatesi hanno avuto una miriade di opportunità per segnare, ma il risultato dice Angri 2, Sant’Antonio 0.
Al triplice fischio finale, nessuna contestazione o litigio, ma qualche oggetto viene lanciato in campo, tra cui una bottiglina di plastica vuota, che, però, colpisce un guardalinee, e per questo è prevista anche una grossa multa alla società, nonché qualche sanzione per lo stadio. Poi i tifosi si sono lasciati andare a disperazione e qualche lacrima, cantando tutti in coro: “Che sarà, che sarà, che sarà, che sarà del Sant’Antonio chi lo sa. Una società di m… la peggiore che ci sia, presidente per favore vada via. Via di qua, via di qua, via di qua, presidente via da questa società, ci hai portato in Eccellenza non lo scorderemo mai, presidente vattene o saranno guai.”
Un campionato da dimenticare, da bruciare, forse da rifare. Così come è da rifare la società e la squadra. Capozzoli sicuramente andrà via, Abagnale e Mascolo, invece, avevano già da tempo annunciato di ritirarsi in caso di mancata salvezza. A retrocedere non è solo una squadra, ma un’intera città, una città che ha perso la partita più importante della sua storia, forse l’unica dove contava più il cuore e l’orgoglio che la tecnica. Non ci sono punti di riferimento, non c’è più la forza per andare avanti. I tifosi non vedono un futuro, e sperano solo in un possibile ripescaggio.
E allora, al termine di questo campionato da voto zero, onore a chi ha fatto tanti kilometri ed ha affrontato mille battaglie per seguire una passione; onore a quei pochi che davvero hanno tenuto alla maglia giallorossa; onore a chi ha dato l’anima per il Sant’Antonio senza avere nulla in cambio, nemmeno la permanenza in serie D. Addio stagione 2010/2011, arrivederci serie D, abbiamo passato qui gli anni più belli e più brutti della nostra storia. Dai play off dello scorso anno, all’amarissima retrocessione del 2011: storia di uno strano destino.