La vecchia versione del protocollo, la IPv4, quella finora maggiormente utilizzata – spiega il ricercatore informatico del Cnr Marco Sommani, coordinatore del capitolo italiano del nuovo protocollo – poteva gestire circa 4 miliardi di indirizzi IP. Un numero che sembrava enorme nei primi anni di espansione della rete, ma che ormai non è più sufficiente ad identificare tutti i dispositivi connessi. Gli indirizzi Internet – continua il ricercatore – sono amministrati dall’International Assigned Number Authority (Iana) attraverso i cinque Regional Internet Registries (Rir) e i Local Internet Registries (Lir). Iana ha assegnato lo scorso 3 febbraio gli ultimi indirizzi ai Rir, le cui “riserve” stanno per finire. La rapida crescita economica dei paesi asiatici, che ospitano il 60% della popolazione mondiale, ha accelerato i tempi per l’adozione del protocollo IPv6 – prosegue il ricercatore dell’Iit-Cnr – che permetterà di indirizzare in Internet fino a circa “340 miliardi di miliardi di miliardi di miliardi” di contatti. Questo dovrebbe risolvere il problema definitivamente: il numero è tanto grande da potersi considerare praticamente inesauribile. L’adozione di IPv6, non dovrebbe arrecare particolari disagi agli utenti del cyberspazio; mentre comporterà per i gestori delle reti telematiche la revisione di molte procedure operative diventate abituali. Acquisire familiarità con il nuovo protocollo – conclude Sommani – è importante, anche per far fronte ai possibili attacchi degli hackers.
Ferdinando Fontanella