“Bella tutta”: al Pompeilab in scena il mito della bellezza artificiale della donna e la sua liberazione Qual è la bellezza di una donna? In cosa consiste, in quali canoni è racchiusa e la rinchiude? Queste le domande da cui prende le mosse lo spettacolo di Elena Guerrini “Bella tutta”, diffuso nelle scuole, inscenato al Pompeilab il 18 giugno, cercando di dare una risposta. La pièce si apre con un elenco di diete e altri rimedi cui la protagonista, Winnie Plitz, si è infelicemente sottoposta pur di essere bella e ancora di più sentirsi bella, essere considerata tale dagli altri, accettarsi ed essere accettata. Ma il suo fisico si ribella a tutte le costrizioni che, sotto forma di ginnastica massaggi beauty farm, la donna cerca di imporgli e torna sempre uguale a se stesso, alla sua forma naturale. Ed è allora che la storia di Winnie si fa storia corale di tutte le donne che ad ogni latitudine sono vittime di stereotipi che imprigionano il loro corpo e lo fanno diventare altro, un estraneo con cui entrare in guerra. Ecco che il profitto incalcolabile delle aziende cosmetiche, della chirurgia estetica per le donne si trasforma nei tunnel della bulimia, dell’anoressia o in un’operazione fatale. Così l’ironia, da cui la rappresentazione è percorsa, si alterna ai dati inquietanti dei costi umani della schiavitù della bellezza e dei suoi miti deformanti, Barbie e le modelle magrissime, da cui veniamo bombardati, cui aderiamo inconsapevoli. “Sono dimagrita vero?” è una domanda quotidiana e inquietante che chiunque di noi ha sentito o si è posto nella vita, come comune è l’esperienza di entrare in un negozio e trovare la taglia unica corrispondente del C.U.B.O. (canone unico bellezza omologata) di cui parla l’autrice. Perché tutto questo? Perché le donne vogliono assomigliare a Barbie, soffrono se non lo sono e si sottopongono a vere e proprie cure, come se fossero malate e a volte si ammalano davvero, affamate nell’anima da una società che non le accetta, chiede loro perfezione e omologazione, di cui il corpo è solo il simbolo, e preclude loro una vita NATURALE? Per Naomi Wolf, nel “Mito della bellezza”, “la dieta è il più potente sedativo politico della storia delle donne. Una popolazione con una tale tranquilla ossessione è facilmente manipolabile” e questa fase è ripetuta dalla stessa attrice mentre una musica sempre più assordante le copre la voce fino a renderla muta. Ma le stesse donne, giunte al fondo, possono riprendere la parola e usarla per l’affermazione più rivoluzionaria contro la dittatura della bellezza: “Amo il mio corpo le mie rughe e la mia pelle”, così chiude la scena Winnie che si libera delle ossessioni e dei feticci di una femminilità finta e invita noi tutti, donne e uomini, a fare altrettanto.
Claudia Malafronte