“Anche quest’anno migliaia di tonnellate di pesche rischiano di rimanere sugli alberi perché agli agricoltori non converrà raccoglierle, in quanto la remunerazione del prodotto è troppo bassa. Mentre altre regioni si muovono per incentivare i consumi e far fronte alla crisi, in Campania i prodotti ortofrutticoli resteranno invenduti, con danni gravissimi alla nostra economia. Nella sola Campania, infatti, è prodotto il 30 percento delle pesche italiane e sono a rischio non meno di ventimila posti di lavoro.” Lo denuncia il presidente di Confagricoltura Campania Michele Pannullo, che rimarca che ad un produttore vengono riconosciuti dai 12 ai 13 centesimi per un chilo di pesche, mentre per produrli ce ne vuole circa il doppio. Nei negozi lo stesso prodotto viene, invece, venduto a circa due euro al chilo. “Confagricoltura Campania – prosegue Pannullo – ha da tempo chiesto all’assessore regionale Vito Amendolara l’istituzione di un tavolo con la grande distribuzione organizzata per prevenire le crisi di mercato ma la risposta è sempre la stessa: non ci sono soldi. Ovvio che sia così, se i fondi comunitari vengono spesi per pagare gli stipendi ai forestali o per sostenere interventi non squisitamente agricoli mentre non c’è nulla per il nostro settore, vitale per l’economia campana. E’ una vergogna.” In Campania il primato di produzione delle pesche spetta alla provincia di Caserta, che rappresenta da sola il 75% (233.899 tonnellate – dati Istat diffusi da Unaproa) della produzione regionale, seguita dalla provincia di Napoli e di Salerno con rispettivamente il 14% e l’11% (43.128 e 33.506 ton, dati Istat).