“Manovra insufficiente senza interventi su entrate, competitività e riforme istituzionali. Maggioranza e opposizione dovrebbero chiudersi in una stanza e dare precedenza agli interessi nazionali per mettere in campo provvedimenti di emergenza che aiutano le imprese, grandi e piccole. Bisogna puntare prioritariamente sui settori nei quali l’Italia è già forte: il turismo, l’agroalimentare, la moda, la meccanica”. Paolo Longobardi, presidente nazionale di Unimpresa, affida ad un articolato intervento una dura critica nei confronti della manovra varata dal Governo. Un provvedimento che, spiega, rischia non solo di essere insufficiente ma anche inutilmente recessivo. “La manovra andrebbe articolata su entrate, competitività e riforme istituzionali. – continua Longobardi – Per le maggiori entrate serve un intervento più incisivo sui costi della politica, un contributo di solidarietà equo e un piano di liberalizzazioni e privatizzazioni che faccia tesoro della lezione del passato, evitando che ai monopoli pubblici si sostituiscano i monopoli privati. Occorre una riforma delle pensioni che rimedi alla controriforma di Prodi costata al Paese dieci miliardi. Tutto questo, però, deve essere accompagnato da un pacchetto di stimolo all’economia e da regole ferree contro la speculazione”. Per l’Unione nazionale di imprese continua a mancare ogni attenzione alla crescita e allo sviluppo. “Il deficit si riduce non solo tagliando costi ma anche aumentando il Pil – osservano i vertici di Unimpresa – E’ giusto dire che chi ha di più deve contribuire di più. Ma se si chiedono sacrifici a tutti dove sono quelli della casta politica? Il contributo di solidarietà rischia di essere solo depressivo perché non accompagnato da riforme strutturale che rilanciano la competitività e la crescita del Paese. Inoltre colpisce prevalentemente il ceto medio. Ma ci sono stati molti tagli iniqui. Innanzitutto il Sud continua ad essere penalizzato e rischiamo di perdere una volta per tutte i fondi europei per l’assenza di cofinanziamento”. Continuare a ridurre risorse per gli enti locali, osserva Longobardi, senza ristrutturare l’impianto amministrativo e istituzionale vuole dire aggravare ancora di più l’emarginazione sociale soprattutto nei grandi centri metropolitani. “I veri tagli non ci sono ancora. In questi ultimi anni i tentacoli della politica si sono progressivamente rafforzati dal centro alla periferia, dalle provincie alle municipalità, dalle società miste alle partecipate. La manovra, ha cancellato oltre trenta provincie e un migliaio di comuni. Ma i comuni sciolti sono talmente piccoli che la riduzione ha un impatto minimo sui conti. Occorre un’azione anche qui più coraggiosa, a partire dell’abolizione di molte più provincie e bisogna intervenire sulla spesa assistenziale delle regioni a statuto speciale sia a nord che a sud”. Nel documento diffuso da Unimpresa si sottolinea inoltre la necessità di recuperare un grande senso dello Stato, realizzando un programma di riforme strutturale e istituzionali che segua tre parole d’ordine: rigore, equità e competitività. La ricetta? Per rimettere in moto il Paese, occorre lavorare di più, riformare il mercato del lavoro, ridurre le tasse sulle imprese e debellare il sommerso. “I nostri gap sono bassa produttività e crisi di competitività. – prosegue il presidente dell’associazione di categoria – Infrastrutture ed edilizia sono motori primari per la crescita. Per rimettere in moto la macchina nelle città e tenere vivo il tessuto imprenditoriale, serve in piano articolato per rilanciare le piccole opere”. Ma per raggiungere questi obiettivi la politica deve intervenire immediatamente sulla crescita, incentivando soprattutto le aziende che fanno innovazione, che introducono nella produzione sistemi di alta tecnologia, che fanno formazione, che esportano. Senza dimenticare la risorsa giovani. “Così potremo dare anche risposta ai tantissimi giovani, che dopo aver studiato, non trovano occupazione e sono costretti ad andarsene all’estero. – prosegue la nota – Non può esistere ordine o democrazia in un paese come il nostro in cui due terzi dei giovani del sud non lavora”. Unimpresa passa quindi in rassegna la proposta di riduzione dell’Irap finanziata, in parte, con un incremento dell’Iva. “Questo ridurrebbe senz’altro i costi per le imprese, aumentandone così la competitività. – sottolinea Longobardi – Ma se l’incremento compensativo dell’Iva si scaricasse sui prezzi, ne deriverebbe anche una riduzione della domanda interna. Alzare i prezzi dei beni di largo consumo penalizzerebbe, infatti, le fasce più deboli della popolazione. Per queste ragioni, si è dell’idea che rimpiazzare l’Irap con un aumento dell’Iva di un punto percentuale, permetterebbe di spostare le distorsioni fiscali dalla produzione al consumo, senza produrre disagio alle fasce più deboli, evitando così di innescare una contrazione dei consumi. Si tratterebbe, nello specifico, di innalzare l’Iva dal 10 all’11% e dal 20 al 21%. Del resto, lo stesso ministro Tremonti ha parlato “di un passaggio della tassazione dalle persone alle cose”. Se dunque è davvero convinto che le imprese abbiano disperatamente bisogno di liquidità, egli converrà che non sottrarre loro parte di quei 36 miliardi è un modo per sostenere la ripresa, e ciò consentirebbe al Tesoro di recuperare una parte del gettito perduto. L’emergenza è l’emergenza – conclude il leader di Unimpresa – ma buttare via un’occasione per trasformare radicalmente il sistema è un delitto”.