In scena al Teatro Le Maschere di Arzano la commedia di G. Di Maio “Angelarosa Schiavone”, uno spettacolo teatrale portato in scena dalla compagnia teatrale “Si…pari” con la regia di Giuseppe Loffredo.
Lo spettacolo si apre con un prologo: all’apertura del sipario, il regista burattinaio, risveglia gli interpreti immobili, legati da fili sottili, che pian piano vengono spezzati, lasciando liberi i suoi personaggi; il burattinaio-regista incapace di giostrare le vita delle persone, manovrerà le storie dei personaggi.
Una commedia dai risvolti amari, divertente, ma allo stesso tempo un invito alla riflessione sull’amore filiale, sull’amore in generale, che spezza le catene delle convenzioni sociali.
Angelarosa è una cameriera che ha consumato la sua vita al servizio di un colonnello dedicandosi a lui e al figlio, è una donna di cultura contadina, ignorante rispetto ai temi del sapere convenzionale, ma maestra grazie alla scuola della vita, che le ha imposto il sacrificio più grande per un bene maggiore.
Mariacristina Fonticelli le presta volto ed emozioni, rende giustizia ad un personaggio complesso e tormentato, che nasconde dietro l’aspetto duro e severo, una tenerezza repressa ed infinita che si scioglie con il susseguirsi degli eventi, la commedia ruota intorno alla sua interpretazione, poco aiutata dal protagonista maschile che per quanto capace di mimiche ed espressioni degne di un attore dalla notevole presenza scenica, l’interpretazione di Giggino Abbate è incerta, quasi timida, distratta e balbettante, emerge invece vivace e solare Melania Guadagno, il personaggio di Marianeve è tra quelli meglio tratteggiati, buona anche l’interpretazione di Valentina Anacleria che nel ruolo di Iolanda la fidanzata di città altezzosa e fiera, regge bene la scena.
Nella varietà dei personaggi con varie e variopinte personalità c’è lo scemo del villaggio, ben rappresentato da Angelo Espoaito, che racchiude in sé la saggezza di chi conosce segreti e li vive con la leggerezza della fanciullezza eterna, c’è l’uomo d’onore soldato nell’anima, un figlio scapestrato e farfallone, che vive nel ricordo di una madre nobile di nascita, che tra obblighi civili e del cuore saprà fare la sua scelta d’amore; c’è il riparatore per ogni occasione ad uso e consumo matrimoniale, c’è lo zio che difende l’onore, c’è la contadinella innamorata violata dal signorino di turno, c’è la fidanzata cittadina spocchiosa e altezzosa capace di generosità finale, accompagnata da uno zio versione gay attempato e stereotipato, la cameriera gioviale che capitola alla corte serrata di chi non ritiene alla sua altezza (in tutti i sensi), il sensale di paese, tutto raccolto in una cornice molto curata, da applausi la scenografia di Antonio Guadagno.
Erminia Granieri