Diritto allo studio e all’assistenza negati, Stefano chiede aiuto. Stefano ha 22 anni ma è da circa 10 anni costretto su una sedia a rotelle perché affetto da una grave patologia, la distrofia muscolare di Duchenne, diagnosticatagli nei suoi primi anni di vita. Stefano sino all’età di 12 anni ha potuto camminare liberamente con le proprie gambe, giocava e correva come qualsiasi altro bambino di quell’età, la madre, Assunta, lo ricorda come “un ragazzo vivacissimo, difficile da fermare”. A pensare che di lì a poco Stefano avrebbe iniziato il suo calvario, aggravatosi ancor più a seguito della perdita del padre quando era appena quattordicenne, contrassegnato dalla continua somministrazione di farmaci, ossessive terapie e costante assistenza. Proprio quell’assistenza che qualcuno pare ora voglia negargli, solo per qualche cavillo burocratico. Stefano fino all’anno scorso era iscritto al quinto anno di ragioneria, presso l’Itc “Rocco Scotellaro” di San Giorgio a Cremano, quest’anno sembra che la scuola o quantomeno chi la rappresenta lo rifiuti. Pare, infatti, che la preside sia stata irremovibile nell’impedire la sua iscrizione adducendo a ragion di ciò la saltuaria frequentazione scolastica in questi ultimi due anni, non tenendo conto dell’estrema gravità del caso ma soprattutto perché semplicemente non sarebbero stati rispettati i termini e i tempi di iscrizione. Di questo caso se ne starebbe attualmente occupando il Provveditorato agli Studi di Napoli che a breve dovrebbe decidere sull’obbligatorietà o meno dell’iscrizione di Stefano al nuovo anno scolastico. In caso positivo, Stefano tornerebbe a scuola e avrebbe, di conseguenza, diritto ad un’assistenza mattutina di circa cinque ore quotidiane, corrispondenti alle ore di lezione regolarmente svolte, in caso contrario niente scuola e quindi niente assistenza. Stefano rimarrebbe con le due “misere” ore pomeridiane che spettano di diritto ad un soggetto avente una patologia seria come la sua. “Stefano è stato accolto per circa 7 anni in questa scuola – replica la vicepreside Tiziana Toffanelli – conosciamo bene il suo caso e gli siamo davvero affezionati. Ma la scuola deve ottemperare a delle regole precise alle quali non può derogare. Già l’anno scorso si presentò il solito problema ma il corpo docente, in quel caso, fece tutto il possibile per farlo iscrivere. I termini d’iscrizione sono previsti entro febbraio, bastava che la madre ci facesse pervenire la sua richiesta anche a maggio di quest’anno, quindi oltre i termini previsti, ma non a settembre. Se il Provveditorato dovesse esprimersi a favore della sua iscrizione, le nostre porte anziché aprirsi, si spalancheranno”. Il rischio concreto è che se pure la scuola chiudesse un occhio, anche stavolta, “nessuno ci assicurerebbe la copertura finanziaria per l’assistenza al ragazzo – aggiunge la vicepreside – saremmo costretti a pagarla di tasca nostra”. Ma i problemi non finiscono qui poiché Stefano incontra difficoltà di ogni tipo nella sua quotidianità. L’Inps eroga mensilmente circa 750 euro di pensione di accompagnamento che a stento bastano a pagare il gravoso lavoro dei due assistenti sociali, la madre non ha un lavoro fisso e si arrangia come può e nonostante ciò non facendogli mancare nulla poiché “mio figlio ha diritto ad essere considerato un ragazzo normale come tutti gli altri – dice Assunta – a fare le cose che fan tutti, a non essere discriminato per la sua disabilità, a condurre una vita degna di essere vissuta, a togliersi anche qualche sfizio quando vi è la possibilità”. “E’ come se fosse sepolto vivo nella sua casa – racconta con amarezza uno degli assistenti sociali che si prendono cura di Stefano – per noi che facciamo questo lavoro di casi del genere ce ne occupiamo quotidianamente ma, credetemi, è un dolore indescrivibile vedere un ragazzo in queste condizioni costretto a guardare il mondo esterno da una finestra, il tempo e la sua vita scorrere inesorabili senza che ne possa realmente godere a pieno”. In effetti, Stefano quasi mai esce di casa, ora anche di più non andando a scuola, le rare volte che gli si offre l’occasione sorgono ancora altri problemi: le (immancabili) barriere architettoniche della sua abitazione. Egli abita in un vecchio palazzo di via Pittore, al primo piano e come ogni antico manufatto che si rispetti, dotato di scale di basalto alte svariati centimetri che rappresentano un ostacolo poco agevole da affrontare, poiché ogni volta è necessario l’ausilio di almeno tre persone che lo aiutino a scendere. Assunta avrebbe in mente di far installare una scala meccanica automatica per consentire al figlio di salire e scendere con maggiore facilità e minore fatica ma alcuni tecnici le hanno spiegato che è un’operazione impossibile data la eccessiva strettoia che include la rampa di scale e gli ingenti costi a cui al momento non può far fronte. L’unica soluzione sarebbe quella di costruire una specie di montacarichi nel cortile interno del palazzo, ma anche in quel caso le spese per i lavori Assunta chiederebbe di suddividerle tra il Comune, la Provincia e lei. La madre di Stefano, inoltre, accusa anche le istituzioni locali di scarsa sensibilità e capacità di garantire ad un suo giovane concittadino i suoi diritti fondamentali: “Gli amministratori locali fanno orecchio da mercante, scappano di fronte alle questioni serie, le mie segnalazioni sono innumerevoli e tutte sono rimaste lettera morta, a volte mi chiedo come si comporterebbero se si trovassero come nel mio caso, a combattere giorno per giorno per garantire una vita più dignitosa ad un figlio. Non siamo in cerca di compassione ma che vengano corrisposti i legittimi diritti di mio figlio, che gli vengano garantiti quei servizi di prima necessità di cui ha estremamente bisogno, la scuola e l’assistenza mattutina sono fondamentali”. In attesa che il Provveditorato prenda la sua decisione in merito alla questione, Assunta, determinata, non si dà per vinta e nel caso in cui la situazione dovesse prendere una piega diversa si dice pronta ad adire alle vie legali o a qualsiasi altra soluzione, per amore di suo figlio.
Quello di Stefano rientra a pieno titolo tra i numerosi casi in cui gli effetti dei tagli alla scuola e al welfare, nella fattispecie ai soggetti disabili, si abbattono pesantemente sui soggetti più deboli della società. Le immagini delle proteste e i duri scontri tra le famiglie di soggetti diversamente abili e forze dell’ordine, avvenuti circa due settimane fa a Napoli, esprimono il senso preoccupante e drammatico di una situazione che è divenuta ormai insostenibile. L’assistenza ai soggetti aventi tra le più svariate patologie è a rischio e al momento scarsamente garantita. In particolare, l’associazione napoletana “Tutti a scuola”, che raggruppa le famiglie dei bambini afflitti da deficit intellettivo e sensoriale, intende denunciare i tagli alle ore di sostegno, la formazione di classi sovraffollate, con più alunni disabili, il mancato rispetto della sentenza 80 emessa dalla Corte Costituzionale, nel febbraio 2010, che prevede l’assegnazione di un docente specializzato, anche a tempo pieno, per promuovere un’efficace formazione degli studenti più deboli. E invece, una ricerca condotta dal centro studi di Tutti a scuola evidenzia carenze tali da rendere impossibile fronteggiare le reali esigenze degli alunni con disabilità. A Napoli mancano all’appello 3500 insegnanti di sostegno, in Campania 6500, in Italia oltre 65000. In altri termini, gli insegnanti di sostegno diminuiscono e le classi sovraffollate aumentano. A queste criticità si aggiunge la cancellazione dei finanziamenti destinati alla formazione e all’aggiornamento del personale scolastico, e non solo. “Se si somma la manovra finanziaria attuale a quella dello scorso anno, quando il governo Berlusconi decise l’azzeramento del fondo per i non autosufficienti e ridusse il fondo delle politiche sociali – è l’allarme lanciato dal presidente dell’associazione Tutti a scuola, Toni Nocchetti – si comprende che la disabilità a 360 gradi vive una condizione di svuotamento del sostegno sociale”. Nocchetti chiede le immediate dimissioni dell’esecutivo e sottolinea: “Il governo sta affrontando con approssimazione la crisi economica accentuando i disagi, già pesanti, per i disabili”.
Claudio Di Paola