L’Orto Botanico, curato dal Laboratorio Ricerche Applicate della S.A.N.P diretto dal Dr Ernesto De Carolis, rimarrà accessibile al pubblico dal 16 fino al 30 ottobre 2011.
Per gli antichi, uno dei problemi più grandi era la conservazione dei cibi: per questo motivo erano molto importanti frutti a guscio duro come le noci, mandorle e nocciole. Presenti nell’orto pompeiano anche alberi di mele, pere cotogne, sorbe e soprattutto fichi e olivi i cui frutti potevano essere essiccati o conservati a lungo. La presenza di questi alberi testimoniano inoltre l’importanza del legno tra gli antichi per gli usi di falegnameria a fini edili e navali. Tra le piante medicinali e aromatiche troviamo nell’orto il basilico, la maggiorana e il timo, ancora oggi riconosciuto come antisettico, così come l’aglio, indicato per la pressione alta e la ruta, dagli effetti abortivi. Nel percorso dell’Orto Botanico non potevano mancare le piante fluviali e palustri, che avevano grande importanza nella vita di ogni giorno: il frassino, con il cui legno molto flessibile si costruivano le doghe dei letti; il salice, usato per intrecciare canestri; il pioppo, ridotto in lamine per i cesti. Per colare la ricotta venivano utilizzati invece i giunchi, con i quali si legavano anche le verdure. Importantissime erano le canne, con le quali si costruivano strumenti musicali, trappole e lance, ma venivano anche imbottiti materassi, costruiti tutori per le viti e pareti divisorie per le case. Tra gli ortaggi, tutti citati dagli agronomi classici, nell’orto si possono trovare tutte le granaglie, ovvero leguminose e cereali (ceci, lenticchie, piselli, fave, cicerchie) che venivano cucinate come zuppa .
Le piante tessili più comuni erano il lino, la canapa, la ginestra, con le quali venivano realizzati stoffe ma anche cordami, reti, vele, mentre i cascami servivano per gli stoppini delle lucerne. Con le infiorescenze di ontano si tingevano invece le stoffe mentre il cardo dei fulloni era usato per cardare la lana. Infine, sono presenti nell’Orto Botanico anche le piante coronarie sempreverdi a cui Plinio dedicherà il XXI libro della sua opera, che erano usate per intrecciare in corone celebrative, culturali o terapeutiche.