Immaginate di entrare nell’orto di un’antica domus romana e di avvertire profumi dimenticati o perduti, scoprire piante rare o comuni e apprendere i loro antichi usi, molti dei quali sono giunti sino a noi e ci accomunano agli abitanti della città sepolta. Ebbene questa opportunità unica e suggestiva è offerta a quanti in questo autunno ancora mite si attarderanno a visitare gli scavi di Pompei dove, fuori dai consueti percorsi, sarà possibile accedere all’orto botanico situato sulla via dell’Abbondanza ed aperto al pubblico dal 16 al 30 ottobre in occasione della giornata mondiale dell’alimentazione. Qui, lasciandosi guidare dalla curiosità, si potrà scoprire un aspetto misconosciuto eppure rilevante della vita degli antichi: il loro rapporto col mondo naturale, importante non solo a fini estetici o ludici ma anche come fonte di sopravvivenza. L’orto, infatti, è stato ricostruito in base ai reperti e i riscontri con le fonti pittoriche e letterarie grazie agli studi del laboratorio di ricerche applicate della Soprintendenza Archeologica, diretto dal dottor Ernesto de Carolis, fonti che attestano tale elemento come estremamente significativo per la vita della familia romana. Affidato alla cura delle donne, queste si adoperavano per la conservazione dei cibi, all’epoca particolarmente complicata, e per questo preferivano frutti a guscio duro come noci, nocciole o mandorle difficili a corrompersi mentre pere, uva, fichi, pesche e albicocche venivano preservati col miele o il mosto in vetro come avviene tuttora. Diffusa era poi la presenza di piante medicinali e aromatiche, quali il timo o la maggiorana, oppure sacrali e decorative, come il viburno o l’agrifoglio, nonché tessili, come lino e canapa utilizzate per cordami e stoffe; testimonianze che ci restituiscono un’immagine della domus come di un luogo industrioso dove le donne erano operose e depositarie di conoscenze preziose. Immancabile nell’orto stesso la presenza della vite, albero sacro a Dioniso e fondamentale non solo per la produzione del vino, ma anche per il mosto e l’aceto che contribuivano a evitare che le cibarie si guastassero. Queste ed altre le meraviglie che i fortunati visitatori potranno gustare in virtù dell’ apertura straordinaria e in una quiete sovrannaturale, sperando che tale piacevole esperienza possa ripetersi.
Claudia Malafronte