Il 6 novembre del 2010 negli scavi di Pompei, con la Schola Armaturarum, non crollò soltanto un prezioso edificio romano ma un muro di cinismo e indifferenza che aveva nascosto per molto tempo il degrado, l’incuria e l’abbandono dell’area archeologica di Pompei. Da allora un susseguirsi di crolli ad annuncio pubblico, senza più omertà grazie anche all’attenzione della magistratura. La distruzione dell’edificio romano che sorgeva lungo Via dell’Abbondanza, l’arteria principale dell’antica città di Pompei, è ancora oggetto d’indagini da parte della Procura della Repubblica di Torre Annunziata ed avvenne qualche tempo dopo la conclusione di due anni di gestione straordinaria degli scavi, a seguito della dichiarazione dello stato d’emergenza per l’area archeologica pompeiana. Durante quel periodo furono spesi quasi 79 milioni di euro in attività non del tutto finalizzate alla conservazione e al restauro degli antichi edifici della città romana, con procedure d’appalto semplificate grazie alla dichiarazione d’emergenza che la Corte dei Conti giudicò, successivamente, non pertinente alle attività da compiersi nell’area archeologica di Pompei. Nei prossimi mesi negli scavi di Pompei dovrebbero avviarsi interventi finanziati con 105 milioni di euro resi disponibili dall’Unione Europea. In quell’occasione, forse l’ultima, occorrerà evitare interventi straordinari e mirabolanti che creano solo ribalta e talvolta speculazioni, e privilegiare, invece, un “piano straordinario di manutenzione ordinaria”, di quelli silenziosi, scientificamente rigoroso, capace di creare tanti posti di lavoro duraturi, che garantiscono un futuro a tanti giovani e al nostro patrimonio archeologico.
(arch. Antonio Irlando)