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Crolla Pompei, come crolla il governo

Negli scavi di Pompei il ministro Galan ripristina da solo i muri crollati. Prende alcune pietre dei beni culturali di cui è ministro e li ricolloca sulla parte di muro che hanno lasciato schiantandosi al suolo e sembra dire, simbolicamente: “è facile mettere tutto a posto, non preoccupatevi, ci penso io”.

Proprio come il suo capo di Governo che, inutilmente ha cercato di fare con le “pietre” che costituivano il muro del suo Governo. “Con gli scontenti, i dissidenti, con chi vuole lasciarmi – ha detto – ci penso io”. Ma le “pietre” del muro della maggioranza hanno cominciato a “cadere”, a lasciare il luogo dove insieme alle altre reggevano il Cavaliere e il suo governo.

Un “solaio pesante”, per un “muro vecchio, senza malta legante, ormai traballante” (vi ricordate? proprio come si disse quando crollò la Schola Armaturarum negli scavi di Pompei). Un “solaio vecchio” con i “ferri d’armatura”, ormai “indeboliti” perché “ridotti di spessore” dalla ruggine incalzante, figlia dell’assenza di “manutenzione”. La prima coincidenza, ma non la sola.

Il Ministro Galan, rispondendo ai giornalisti sulla crisi di governo, nel corso della visita del 7 novembre scorso agli scavi pompeiani con il commissario europeo Hahn, ha detto: “Se avessi avuto la consapevolezza che fosse stato l’ultimo giorno a Pompei, sono sicuro che sarei uscito in barca…”   con riferimento a quanto fece Plinio per osservare la distruttiva eruzione vesuviana del 79 d.C.. Aggiungendo successivamente:  “a Pompei avvenne un’eruzione e seppellì tutti quelli che stavano parlando, forse occorre una calma simile adesso, non so cosa succederà, forse ci sarà un rivolgimento….“. Infine, lontano dai microfoni, ma rivolgendosi simpaticamente agli interlocutori presenti, che lo salutavano augurandogli buona fortuna per il grande lavoro da fare per Pompei e per migliorare la struttura del suo Ministero, ha detto: “… è tutto molto difficile, talvolta mi sembra irrecuperabile, la tentazione è ritornare all’agricoltura, ma a quella vissuta, fatta di patate”.

Una terza coincidenza: le date. Il 6 novembre del 2010 crolla, con tanto clamore, la Schola Armaturaum, l’edificio romano di Via dell’Abbondanza, l’arteria principale degli scavi di Pompei. Un pugno nello stomaco della cultura e di un Paese che non riesce più nemmeno a nascondere il proprio decadimento, tant’è che l’area archeologica di Pompei è usata dall’opinione pubblica internazionale come “il simbolo dell’Italia a pezzi”. Il 6 novembre 2011, l’altra domenica, è finalmente chiaro a tutti i fedelissimi di Berlusconi  che con le “pietre” staccatesi dal muro della maggioranza, a crollare è tutta la maggioranza, come è poi avvenuto con l’ultimo voto parlamentare.

Ora si dovrebbe mettere a posto Pompei e certamente anche il Governo d’Italia. Intanto con i 105 milioni che ha promesso l’Unione Europea, attraverso il commissario Hahn, si partirà da Pompei, mentre per il Governo la soluzione è più complessa e difficile per una politica fatta, nel suo insieme, da partiti abituati soprattutto a litigare e a non anteporre il bene comune agli interessi di bottega. Vedremo se l’autorevolezza del Presidente della Repubblica e i residui di buon senso produrranno buoni risultati.

Intanto, per Pompei, Johannes Hahn ha subito opportunamente ammonito dal rischio (tipicamente italiano) di non fare bene e subito: “Tutti i piani finanziati dall’Unione europea – ha precisato Hahn – vengono monitorati in modo sistematico, e questo non farà eccezione“. Proprio come per il Governo, l’Europa ci indirizza e soprattutto ci controlla. Siamo dunque un Paese con il tutor. Ultima nota per gli scavi di Pompei, dove a valutare come sono stati spesi negli ultimi anni ben 79 milioni durante la gestione commissariale, non può passare nell’indifferenza generale la preoccupazione di chi ritiene letale “il rischio che vengano ancora una volta preferiti interventi straordinari, sporadici e di effetto – spiega una nota dell’Osservatorio Patrimonio Culturale – invece di un organico e sistematico piano di manutenzione quotidiana e continua che produce poca ribalta ma seri e duraturi risultati per la conservazione dell’area archeologica di Pompei che ha ormai raggiunto un punto molto basso di degrado conservativo”. Proprio come per l’intero Paese.

Antonio Irlando

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