La vita di tutti cambierà. Lo si voglia o no, cambierà. In molti vorrebbero vederla cambiare subito e radicalmente, prima alle caste degli apparati pubblici, della politica, delle banche. Poi a tutti gli altri. Vedremo, si spera. Una cosa dovrebbe essere certa: la crisi collettiva, le crisi individuali, cambiano le cose, cambiano gli uomini, dovrebbero, dunque, cambiare anche la società e tutto quello che c’è dentro.
Il primo atteggiamento, naturale, istintivo, dunque umano, per tutti, anche per le caste, sarà sopravvivere. Con la manovra governativa finalizzata a recuperare molti miliardi di euro di deficit, anticamera del fallimento del Paese, il livello di difficoltà e la dimensione dei sacrifici non sarà uguale per tutti. Finora non è bastato il continuo richiamo “all’equità”, di fronte alle “mazzate”, inflitte anche a chi vive di modesta pensione, ispirate, come hanno spiegato i professori, dalla necessità di “salvare l’Italia”, per salvare il futuro di chi ancora non vi abita, con piena dignità dei diritti.
Il secondo atteggiamento – il più sano, il più rivoluzionario – dovrà essere reagire, riorganizzarsi, dare un senso al disagio per renderlo sostenibile e non opprimente, anche per abbattere le caste. Molti ritengono che occorre cambiare stili di vita, privati e collettivi. In tanti pensano ed operano per riportare valori, patrimoni culturali, esperienze umane, di lavoro, passioni intime, comportamenti di fede, nelle categorie classificabili come “obiettivi di vita condivisi”, da usare come modelli condivisi di comportamento da attuare per andare avanti, ricostruire. Tutto per non soccombere, per essere capaci di riconoscere ed operare, principalmente, per il bene comune, contro ogni casta, sprecona ed egoista. Riconosciute teorie economico-sociali (tali intorno a noi, ma pratiche quotidiane in diverse culture di altri Paesi del mondo), vanno affermando che “se si vuole mantenere, generare o rigenerare la cooperazione in un determinato ambito civile è necessario che nelle persone sia presente un’etica pubblica e conseguenti comportamenti di tipo ‘orizzontale’ (tra cittadini) e non solo ‘verticali’ (ciascuno nei confronti delle istituzioni)”. Si è dimostrato – e qui viene il bello e rivoluzionario di questa buona pratica – che “senza lo sviluppo nei cittadini di forme di ringraziamento esplicito per i comportamenti virtuosi degli altri e senza rimproverare chi getta cartacce per terra, la cooperazione non parte o non si mantiene nel tempo”.
La cattura del latitante Zagaria (latitante a casa propria: incredibile e certamente frutto di collusioni e complicità) si ricorderà anche per le urla di gioia dei poliziotti. E’ certamente un bene che diventino le urla di gioia di tutti, un’opportunità per cambiare il complice e cancerogeno atteggiamento di rassegnazione verso ogni forma di cultura camorristica che permette a tanti Zagaria di essere latitanti dentro di noi, annientando cosi l’orizzonte di un buon futuro, veramente per tutti.
“E’ una bella giornata per la Campania e per tutte le persone oneste”, ha spiegato il presidente del Consiglio, Mario Monti. “Il risultato di oggi – ha proseguito il professore – rappresenta uno stimolo e dà coraggio a quanti sul territorio e nel Paese sono pronti a contrastare la criminalità organizzata”. Bravo il professor Monti, questa “lezione” è tra le più interessanti e utili a tutti i partecipanti al corso di studi “Salva l’Italia”.
Antonio Irlando