I satiri, si sa, sono creature mitiche e ineffabili, si muovono tra i boschi lontani, inafferrabili dagli sguardi umani. Quello che ancora ignoravamo, però, era la loro capacità di mimetizzarsi, apparire e sparire nel paesaggio urbano anche sotto forma di statua. L’incredibile prodigio è accaduto, neanche a dirlo, a Pompei, meta di ingenti pellegrinaggi, che ha avuto questa volta come illustre romita un Satiro in bronzo che ha attraversato i quattro angoli della città senza mai trovare requie. La sua originaria collocazione lo vedeva troneggiare sullo spiazzo antistante la stazione delle FS, sormontando una grande fontana di marmo circondata da frammenti di pietra lavica. In tal modo offriva al visitatore, in uno sguardo prospettico che lo univa al Santuario in lontananza, la sintesi delle due anime della città, quella antica e quella moderna. Tuttavia, se l’originale del nostro satiro, una statuetta bronzea custodita al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, è sfuggito alla forza devastatrice del Vesuvio, il suo omologo a grandezza naturale non ha resistito alla furia iconoclasta dei suoi detrattori. Ed è proprio da qui che cominciano le pene e le peripezie del nostro amico Satiro. Se la sua immagine vitale, pagana, naturale non era adatta ad accogliere i pii visitatori della città diurna, allora quale posizione poteva essere più felice di quella di via Plinio, che nella sua versione notturna diventa luogo di incontri e di appuntamenti prezzolati? Così il caro Satiro vegliava sui rendez-vous degli amanti come simbolo d’amore trasgressivo, illuminato da fari potenti, sullo sfondo di una stazione di servizio dell’ Agip. Eppure anche lì, dove sembrava aver ritrovato la sua location ideale, il Satiro non fu ben accetto e fu costretto a traslocare per far posto al monumento ai caduti recentemente inaugurato che l’ha degnamente rimpiazzato. Da allora voci mitiche si sono rincorse sulla sua sparizione: molti scommettevano sulla sua nuova destinazione indicando i luoghi più disparati ed essendone tutti egualmente certi. Così ben presto questa statua senza fissa dimora divenne uno dei cittadini più noti di Pompei, emblema della precarietà dei tempi dove neanche le statue hanno più un posto fisso. A fugare ogni dubbio e smentire qualsiasi congettura il Satiro ci ha regalato di recente una nuova apparizione spiazzando tutti: è tornato a via Plinio, ma questa volta dall’altra parte della strada, in un angolo abbandonato, di fronte al supermercato. Mi siedo su una delle panchine marmoree nelle vicinanze e lo osservo: la sua espressione di gioia dionisiaca, di pienezza del vivere sembra tramutata in struggimento e solitudine. A pensarci la sua storia assomiglia al destino di questa terra dove le bellezze sono circondate dal deserto e appaiono a loro volta appesantite e prive di quello slancio che pure altre parti del mondo meno belle danno, come se fossero un problema invece che una risorsa. Poco più in là, sulla piazza della ferrovia, c’è ancora la bella fontana priva del suo Satiro e dell’acqua che vi scorreva, come se, separandosi dalla sua fonte vitale, si fosse intristita. Su quella stessa fontana ogni week-end i visitatori di passaggio si siedono in attesa del pullman, ignari della triste sorte sua e del suo povero Satiro. Chissà se un giorno si ricongiungeranno e chissà se questa sarà l’ultima tappa della vita movimentata del nostro amico Satiro. Certo sarebbe bello vederlo all’ingresso degli Scavi, magari a piazza Esedra, ad accogliere i turisti e a diventare simbolo del sito archeologico come le piramidi per il Louvre. Nel frattempo noi della redazione del Gazzettino Vesuviano saremmo felici di adottarlo e di dargli finalmente un tetto e una fissa dimora.
Claudia Malafronte