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Rifiuti in Campania: la grande eco-balla, i danni all’ambiente e alla salute

Ad ogni cambiamento nella vita sociale, politica, economica di una persona, come di un corpo sociale, inevitabilmente, si vengono a creare delle aspettative.

Dall’insediamento del governo Monti, il 16 novembre 2011, il popolo italiano attendeva la fine di un’egemonia da “avanspettacolo” della classe politica di casa (o di casta, a seconda dei punti di vista), che si ritrovava sovente al tavolo di un ristorante o ad una festa privata, anziché in parlamento a discutere costruttivamente della “cosa pubblica”.

Il nuovo governo, “tecnico” avrebbe potuto rappresentare il momento di svolta per l’Italia; un gruppo di persone competenti (i ministri sono tutti manager, cooperanti e professori), guidate dalla figura di Monti, nota e rispettata a livello internazionale per le sue competenze in materia finanziaria. Una novità assoluta, in un contesto politico nazionale dove la percentuale dei nuovi eletti con una laurea , dal 1948 al 2006, è diminuita costantemente sino a quota 64,6 per cento (fonte: Tito Boeri, Antonio Merlo, Andrea Prat, Classe dirigente, Università Bocconi editore).

Se è comprensibile, ma non condivisibile, che persone con scarse competenze accademico-lavorative trasversali facciano fatica a gestire direttamente, o anche a delegare alle persone giuste problematiche complesse, è anche verosimile aspettarsi di uscire da situazioni di emergenza con soluzioni efficaci ed innovative.

Banco di prova per brillanti soluzioni governative è rappresentato dallo scandaloso “affair” rifiuti in Campania: crocevia di interessi economici ed ideologici per imprenditoria, politica e mafie.

Da pochi giorni l’Europa ha comunicato di aver concesso all’Italia altri due mesi di tempo per elaborare un piano credibile per l’uscita definitiva dall’emergenza rifiuti, ecoballe incluse.

Una chiamata all’azione che il pluridecorato neo-ministro Corrado Clini: laurea in medicina; fautore del “Piano nazionale per la riduzione delle emissioni dei gas ad effetto serra”, per conto del CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica);

Il ministro Clini ha affermato al summit del 3 dicembre a Napoli, che nella capitale del sud non c’è nessuna emergenza, né tantomeno c’è necessità dell’esercito. Per contrastare il problema dei rifiuti sarà predisposta una task force di concerto con le autorità locali e regionali, al fine di operare, parallelamente, in quattro aree: termovalorizzatore, discariche, raccolta differenziata ed ecoballe.

Per la differenziata, saranno impiegati i fondi FAS (fondo aree sottosviluppate), per mettere in piedi un sistema di raccolta porta a porta (PAP), costruire impianti cittadini per il trattamento della frazione umida e recupero materiali. Con questo assetto gestionale, la percentuale di differenziata risultante dovrebbe aggirarsi attorno al 60%.


Le discariche ad essere aperte saranno tre, dislocate in differenti aree della regione, la prima a Paenzano 2, nel comune di Tufino. A tal proposito, il commissario Annunziato Vardè vedrà i propri poteri sensibilmente ampliati, passando dalla semplice identificazione dei siti idonei, alla gestione dell’apertura delle strutture. Un vero affare per i possessori di una cava di cemento o affini, che convertendo i propri spazi in siti di stoccaggio rifiuti, assisteranno ad un aumento del valore della stessa anche del 300%, come dimostrano le quotazioni in borsa di società interessate a questo tipo di business.

Il vero asso nella manica del ministro Clini è sicuramente il termovalorizzatore, indicato come risposta innovativa concreta e definitiva allo smaltimento dei sei milioni di ecoballe s  sssslekjtpkwetipate a Taverna del Re.

Per chi se ne fosse dimenticato, le ecoballe  sono quell’ammasso putrescente di residuo secco combustibile (sostanzialmente materie plastiche) triturato ed impacchettato e che talvolta risultato essere positivo a radioattività, quindi rispedito alla Campania dagli inceneritori esteri.

Il motivo per cui all’estero rifiuti potenzialmente tossici non sono ben accetti, ma in Campania si, non è dato sapere. Chiaro sembra invece essere il numero d’impianti “necessari”. Nel piano regionale dei rifiuti, così come nei decreti dell’emergenza sono previsti altri due inceneritori, uno da 400.000 tonnellate a Napoli ed uno di 300.000 tonnellate a Salerno.
 Proprio da questa città il “sindaco di trincea” Vincenzo De Luca  è favorevole ad un inceneritore, a patto che non sia in odore di mafia dichiarando alla stampa: «Mantengo la posizione assunta dal Comune, che è quella di impedire che la vicenda termovalorizzatore diventi un’occasione per portare a Salerno diossina, cancro e camorra organizzata dei casalesi».

Per Napoli, il neoeletto sindaco Luigi De Magistris parla di “rivoluzione ambientale”, annunciando pubblicamente di voler portare al 70% la raccolta differenziata, mettendo al bando gli inceneritori. Ne deriva un secco no alla costruzione, nella zona di Napoli est, secondo il vecchio accordo di programma sottoscritto da Bassolino, Jervolino e Bertolaso di un inceneritore di dimensioni enormi, 450 mila tonnellate di rifiuti da bruciare all’anno su una produzione annua di rifiuti di Napoli di poco più di 500 mila, con un contratto trappola di 20 anni “vuoto per pieno”. Una soluzione simile, infatti, non impedirebbe di differenziare più del 30% dei rifiuti, piuttosto obbligherebbe la città a pagare ai titolari dell’impianto una certa tariffa minima, in caso di mancata fornitura del quantitativo di rifiuti indicato nel contratto di servizio.

Il ministro dell’Ambiente è comunque intenzionato a realizzare un impianto entro i confini provinciali. Il sito più probabile emerso dal summit del 3 dicembre 2011 è Giugliano (NA).

Giovanni Pianese (Pdl) primo cittadino di Giugliano, insorge affermando: “Ora aspettiamo solo che sia deciso che i giuglianesi vadano via dalle loro case per fare di quello che resta della mia città un immenso sversatoio”.

Come dargli torto, visto che 6 milioni di ecoballe bruciate corrispondono ad una contaminazione su vasta scala di micro- e nanoparticelle inorganiche non biodegradabili e non biocompatibili. Tali particelle, una volta entrate nell’organismo innescano tutta una serie di reazioni che possono tramutarsi in malattie.

Malauguratamente, non esiste alcun tipo di filtro industriale capace di bloccare il particolato da 2,5 micron o inferiore a questo e la quantità enorme di particolato inferiore a 10 micron non rientra nelle valutazioni di sicurezza: a norma di legge, l’aria è pulita.

Il particolato non è certo l’unica cosa che andrebbe filtrata; quello dei rifiuti e del loro smaltimento è un business che fa gola a molti, malavita organizzata inclusa. Stando all’ultimo rapporto Legambiente sulle Ecomafie, sale al 41% il giro di affari illeciti che ruota attorno all’”oro nero”, toccando quota 20 miliardi di euro, tutto a scapito delle casse dello Stato.

Il caso della Campania rimarca il fallimento delle politiche ambientali di tutta la nazione. In uno scenario internazionale dove gli inceneritori vengono chiusi per attuare un programma concreto di riciclo, riduzione degli imballaggi e produzione di materiali biodegradabili, l’Italia persegue la strada delle discariche, dei termovalorizzatori e della menzogna, adottando tecnologie obsolete e non sostenibili: possiamo ancora definirci europei?

Catello Somma

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