Il 13 gennaio del 1527 fu, infatti, firmato davanti ad un notaio, un singolare atto con il quale i rappresentanti dei Seggi che formavano il Tribunale di San Lorenzo, in nome dei cittadini, s’impegnavano a costruire una nuova Cappella se il Santo Patrono di Napoli faceva terminare la guerra, la peste e la violenza del Vesuvio. La scelta della data non fu casuale perché in quel giorno ricorreva l’anniversario della traslazione delle ossa di San Gennaro da Montevergine a Napoli.
Quella eccezionale volontà popolare sviluppò la Deputazione, un’istituzione laica ancora oggi esistente formata dai rappresentati dei Seggi, che una volta terminati i tre flagelli tenne fede al Voto costruendo la Cappella del Tesoro di San Gennaro, un autentico gioiello universale dell’arte, ove sono custodite tutte le opere di notevole importanza, chiuse nei caveau delle banche e tornate all’ammirazione di migliaia di visitatori. Tra queste i sedici busti del XVI secolo, di cui uno ornato da pietre preziose. Due candelabri alti 2,15 che pesano, ognuno 250 chili.
Alla presentazione del busto di San Gennaro, nuova opera del maestro Lello Esposito che da oltre trent’anni si dedica a simboli della città, sono intervenuti il direttore del Museo Paolo Jorio, il vice presidente Riccardo Carafa d’Andria, Pier Luigi Sanfelice di Bagnoli, membri della Deputazione del tesoro, il vice presidente della Provincia, Gennaro Ferrara, l’assessore comunale alla cultura, Antonella di Nocera, la presidentessa dell’Unicef, Margherita Dini Ciacci, Patrizio Rispo di un Posto al Sole e un notaio, in quanto la statua sarà anche una sorta di salvadanaio-caveau dove, fino al 13 gennaio del 2013 i napoletani potranno rinnovare il Voto della Città con l’obiettivo di costruire un Laboratorio Didattico per i ragazzi e farli “lavorare” nel Museo e sul territorio. I fondi saranno raccolti anche grazie alla vendita di una stampa su carta pregiata dell’antico Voto, di un’immagine di San Gennaro e i Sedili, ritrovata recentemente nell’archivio storico. I benefattori apporranno la propria firma sul libro d’oro, autenticata dal notaio, entrando a far parte della nuova storia della città.
Nelle bacheche del Museo fanno bella mostra oro, argenti, diamanti e dipinti di inestimabile valore che raccontano la vita e la devozione dei regnanti per il Santo. Di incomparabile bellezza il collare seicentesco; la mitra con 3328 diamanti, 198 smeraldi e 168 rubini; il calice in oro del Settecento con 586 brillanti e rubini offerto da Ferdinando IV di Borbone; la croce con 13 brillanti e 13 rubini, donata da Carlo di Borbone; un’altra croce con 63 diamanti, dono della regina Amalia; una croce con 64 rose d’Olanda, 4 smeraldi e 248 brillanti, offerta dalla regina Cristina di Savoia; una croce con 160 brillanti e 6 zaffiri, regalata da Maria Carolina d’Austria; una croce di crisoliti a filigrana con brillanti e diamanti, donata da Vittorio Emanuele II; un’altra croce in smeraldi e brillanti offerta nel 1806 da Giuseppe Bonaparte, anch’egli corso appena asceso al trono, ad omaggiare San Gennaro. La posside d’oro con 932 tra brillanti, rose, zaffiri e smeraldi, regalata da Ferdinando II delle Due Sicilie, l’ostensorio di Maria Teresa d’Austria, il calice di Pio IX, un altro calice di Francesco II tutti incastonati di pietre preziose. Infine i tanti doni offerti dai napoletani di ogni ceto che hanno creato nel tempo quell’eccezionale complesso di arredi argentei, ex voto e gioielli.
Mario Carillo