Pressione sanguigna come lo spread: instabile, con un andamento altalenante e tendente a crescere con il tempo.
Nell’arco della vita la pressione varia a seconda del sesso e degli avvenimenti che ci vedono, direttamente o indirettamente, coinvolti. I disoccupati ad esempio, forse perché ancora più stressati di chi un impiego bene o male lo ha, hanno una pressione mediamente un po’ più alta rispetto a chi lavora. Un fatto indirettamente confermato da una ricerca svedese uscita sul Journal of Epidemiology and Community Health, condotta su 12mila gemelli nati fra il 1926 e il 1958, secondo cui occupare un basso gradino della scala sociale aumenta di oltre il 40 per cento il rischio di ipertensione, mentre appartenere agli alti ranghi della società ne riduce il pericolo del 20 per cento.
Il pericolo che la pressione vada oltre la soglia ottimale di 120-130 mmHg risiede, oltre che nelle categorie più deboli, anche negli adolescenti: è questo il momento della vita in cui la pressione del sangue sale con maggior velocità.
Gianfranco Parati, direttore della Divisione di Cardiologia all’Auxologico di Milano afferma che «In questo caso si tratta di un fenomeno fisiologico, legato all’accrescimento della massa corporea. In questo periodo però è difficile che si parli di ipertensione vera e propria, a parte i casi di ragazzini obesi. Le cose invece cambiano al successivo “scatto in avanti” della pressione: dopo un periodo, fra i 20 e i 40 anni, in cui i valori crescono con lentezza perché probabilmente l’organismo è in grado di compensare piccoli disturbi dei vasi o un progressivo indurimento delle arterie, la pressione tende a schizzare verso l’alto velocemente fra i 40 e i 60 anni.
Il dato preoccupante è che su cento ragazzi 15 sono ipertesi. Per questo la Società europea di ipertensione (Esh) ha emanato un pacchetto di linee guida tarate proprio sui più piccoli.
Gli specialisti ritengono infatti che, nonostante la ridotta prevalenza dell’ipertensione a quest’età, il controllo della pressione in età infantile debba diventare routine, perchè riscontrare elevati livelli pressori in età infantile è predittivo di ipertensione in età adulta.
Il Dr Muntner, un epidemiologo di New Orleans ha riportato nel Journal of the American Medical Association che l’ipertensione negli adolescenti è aumentato dal 1 al 5%. Tre sono i tipi di adolescenti vulnerabili a questa condizione: coloro i quali hanno una storia familiare di ipertensione; gli adolescenti in sensibile sovrappeso; gli amanti delle cattive abitudini alimentari.
Per non diventare ipertesi da adulti, il rimedio sembra a portata di mano: ridurre il sale aggiunto negli alimenti. Secondo l’American Heart Association sono sufficienti tre grammi di sale in meno al giorno per ridurre dal 44% al 63% il numero di giovani che da adulti saranno affetti da ipertensione.
Questo taglio infatti, secondo gli esperti, potrebbe favorire una riduzione compresa tra il 7 e il 12 per cento del rischio di malattia coronarica, tra l’8 e il 14 per cento di infarto, tra il 5 e l’8 per cento di ictus e tra il 5 e il 9 per cento della mortalità per qualunque altra causa.
Visto il trend, si prospettano tempi duri anche per i bambini, che di ritorno da un’intensa sessione di gioco con gli amichetti, passeranno da merendine e succhi di frutta ad insalate scondite e bicchieri d’acqua.
Catello Somma