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Emergenza ambientale e rischi per la salute: intervista all’oncologo Antonio Marfella

Pericoli del mancato controllo del ciclo dei rifiuti, pericoli ambientali e rischi per la salute. Ne abbiamo parlato con Antonio Marfella, oncologo e tossicologo dell’ospedale “Pascale” di Napoli, che da tempo sta denunciando l’alta incidenza di tumori nel nostro martoriato territorio. Insomma, quali sono i riflessi del-l’emergenza ambientale sulla salute dell’uomo?
Dott. Marfella, la domanda è banale ma fondamentale: perché tutto questo?
Innanzitutto dobbiamo considerare la pericolosità delle discariche urbane. Queste, per quanto costituite da rifiuti indifferenziati, non è che fanno venire i tumori, al massimo il colera. Ad esempio, la discarica di Peccioli in Toscana, fa produzione di biogas e ci fanno i concerti vicino: questo perché è una discarica controllata e non presenta situazioni di pericolo sanitario ambientale.
In Campania invece assistiamo alla costante ribellione dei cittadini vicini alle discariche: qui il problema non sono le malattie infettive, ma le patologie oncologiche, cosa che in maniera ordinaria, non dovrebbe accadere. Per questo io e altri medici abbiamo fatto, dal 2006, quello che di solito non viene fatto dai tecnici delle istituzioni: siamo andati sui territori.
Ha più volte parlato di incrocio dei flussi di rifiuti.
Questo è il punto cardine della vicenda. I rifiuti industriali in Campania non hanno un sistema (gestito dai privati) sufficientemente controllato e garantito, soprattutto per la non commistione rispetto ai flussi di rifiuti urbani. Ogni minuto vengono prodotti 5 milioni di tonnellate di rifiuto urbano e 11 tonnellate di rifiuti industriali. I rifiuti urbani, quello per cui spesso si polemizza, sono l’1/3: gli altri 2/3 di rifiuti (200/300mila tonnellate l’anno in Campania) sono rifiuti tossico- nocivi che a livello privato dovrebbero essere gestiti in maniera controllata.
Ora, stando ai documenti della magistratura, si sono sovrapposti i flussi. Chi ha sovrapposto i flussi? Chi gestisce il trasporto nelle discariche, sia urbane che private. La camorra è risaputo che in Campania gestisce sia il trasporto che le discariche: perché è vero che siamo incivili, ma non siamo cosi tanto incivili da non fare una raccolta differenziata, se organizzati. E’ evidente che questo tipo di organizzazione si è cercato di non farla, per cui i rifiuti urbani sono stati il comodo alibi a copertura di questa grande sovrapposizione di rifiuti industriali, che poi finiscono nelle famose discariche.
E qui si collega il discorso di Terzigno.
Appunto. La discarica di Terzigno già vent’anni fa diventava discarica per rifiuti tossici, non sovrapposta di rifiuti urbani: già c’era il parco Nazionale. Quindi faccio una diretta critica alle amministrazioni locali che non hanno impedito l’abusivismo e l’evasione dell’industria edilizia. Questo ha provocato la formazione di crateri enormi nel parco nazionale (Terzigno incluso) per il recupero di materiale vulcanico (i graniti del Vesuvio) per scopi di edilizia: questo ha poi creato delle enormi cave che già da circa vent’anni vengono riempite con rifiuti industriali, tossici e nocivi. Stiamo parlando del primo caso di ecomafie e sversamento di rifiuto tossico, nel 1992.
I dati che il dottor Montella ha raccolto per l’incidenza dei tumori del colon retto, non lasciano scampo. I Lombardi usano il doppio dei pesticidi (dato ufficiale), perché non hanno la nostra qualità della terra: quindi noi siamo il popolo che usa la metà dei pesticidi, e anziché trovarci protetti per la metà dei casi, ci troviamo scoperti per il doppio dei casi rispetto alla media nazionale. Attestando quindi che c’è un problema su quello che mangiamo e su quello che respiriamo. Quindi danni da munnezza industriale.
Arriviamo al sistema di sversamento.
Il sistema non è occasionale: c’è un sistema industriale che ha individuato nella Campania come soluzione strutturale per lo smaltimento dei rifiuti industriali. Non meno di 600mila tonnellate l’anno per vent’anni. Questo ce lo ritroviamo oggi nelle cave di Terzigno e del Vesuviano, create ad arte per i rifiuti tossici e poi rimpinzate di rifiuti urbani. Da qui si determinano i laghi di percolato tossico industriale, che inquinano le falde acquifere, e le famose “puzze” che avvertono i paesi a valle della discarica, come Boscoreale e Boscotrecase.
Questo fa capire che a un livello normativo siamo messi male.
C’è una deliberata volontà da tempo di non volere leggi penali adeguate: esiste un vulnus normativo che ha consentito l’instaurarsi di questo sistema. Smaltire rifiuti industriali e tossici è molto lucroso (le industrie pagano per lo smaltimento, che abbassano quindi il costo di produzione) e lo stato italiano non ha provveduto ad avere una legislazione valida a tutela della salute pubblica. Oggi chi commercia rifiuti tossici, guadagna molto e non rischia nulla.
E qui c’è la vicenda del SISTRI.
Il SISTRI è stato premiato a livello europeo come uno dei migliori sistemi di tracciabilità informatica dei rifiuti: noi lo abbiamo bocciato e definito inutile. Non è tutto: nella finanziaria di gennaio è stato addirittura sospeso a data da destinarsi. Di fatto abbiamo detto all’industria: continua a sversare, tanto noi, quel poco che controllavamo male prima, ora non lo controlliamo neanche più.
Nel nuovo piano regionale non ci sono discariche per rifiuti industriali.
La Campania ha deciso di non fare discariche per rifiuti industriali: ma siamo quelli che hanno discariche urbane sovradimensionate. Siamo l’unica regione che si dichiara a rifiuti industriali zero (fonte:gazzetta ufficiale della Regione): è evidente che poiché siamo la regione con almeno il 30% di attività produttive in regime di evasione, se si evade di dichiarare il dipendente a nero, non si può dichiarare legalmente lo smaltimento dei prodotti di lavorazione, in gran parte tossici, che vanno a rimpinzare le discariche urbane. Un esempio. Oggi abbiamo il doppio di incidenza dei calcinomi della vescica: 30 anni fa noi producevamo scarpe e borse in quantità senza avere ufficialmente nessuna fabbrica di scarpe e borse. Qualcosa non andava.
Poi c’è il problema STIR.
Secondo il dato ISSPRA, la Campania dichiara di riciclare i rifiuti industriali e per i rifiuti urbani di avere impianti per trattamento meccanico biologico con capacità per ben 2 milioni di tonnellate, in grado quindi di trattare senza inceneritore due milioni e 400 mila tonn. di rifiuti urbani. In realtà gli impianti sono stati sin dal primo momento ingolfati di materiale indifferenziato, sia di rifiuto urbano che industriale. Il tutto finalizzato a fare ecoballe che pesavano di più e per avere (nella speranza dell’incenerimento delle ecoballe) una remunerazione maggiorata perché pagate a peso. Questi impianti quindi hanno prodotto sin dal primo momento un tritovagliato di pessima qualità: questi impianti sono stati declassati a STIR, cioè semplici tritovagliatori  con solo un minimo passaggio catalico per recuperare un minimo di materiale ferroso.
Qui si collega poi l’incenerimento indifferenziato di Acerra.
Certo. I nostri 7 STIR creano materiale indifferenziato che viene attualmente bruciato dall’ince-neritore di Acerra: il quale quindi brucia anche la munnezza proveniente dai 7 STIR della Regione. Quindi alla fine, questi impianti non sono impianti di trattamento a freddo, ma sono a tutti gli effetti impianti che favoriscono l’incenerimento indifferenziato.
Quali sono le soluzioni per uscire fuori da tutto ciò?
Innanzitutto far sapere a più persone possibili perché siamo arrivati a questo punto. Poi occorre trasparenza nella gestione dei rifiuti industriali e urbani, controllo serrato e satellitare pesantemente sanzionabile dei flussi di rifiuti industriali e poi ridurre tutte le possibilità di trasporto intra e extra regionale, cioè rifiuti a km 0
Le Biomasse diventeranno il business del futuro?
Il trucco è questo. Le aziende calabresi che investono al Sud non faranno biomasse piccole, ma biomasse da 200, 300mila tonnellate, perché con quelle biomasse, superata la Campania, e poichè queste aziende hanno interessi al Nord , la piattaforma industriale, per un doppio guadagno in termini di incentivi, sarà il Sud. In altre parole, prenderanno e  porteranno le biomasse a bruciare al Sud  perché qui sono incentivate dall’Europa e quindi guadagnano tre volte: prendendo la produzione al Nord, lo smaltimento al Sud e gli incentivi europei. Il prossimo fronte sarà Basilicata e Calabria, appena finanziano con gli incentivi anche la Calabria e la Basilicata. In soldoni il problema è: abbiamo circa 30 milioni di rifiuti industriali al Nord che devono essere illecitamente smaltiti in un sistema industriale che da sempre è controllato per i traporti dalla criminalità organizzata. Attualmente gli stessi rappresentanti della stessa criminalità organizzata stanno diventando soci delle aziende.
Mario De Angelis
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