La città nuoce seriamente alla fertilità maschile, anche nel pieno della giovinezza.
Smog e polveri sottili, traffico, stress, sedentarietà abbassano sensibilmente la fitness, ovvero il successo riproduttivo di un individuo. È la conclusione cui è giunta la Società Italiana di andrologia e medicina della sessualità (Siams), che ha condotto un’indagine finanziata dal ministero della Salute, all’interno di un progetto denominato ‘Amico Andrologo’, che ha analizzato il potenziale di fertilità di 10 mila giovani maschi, di età compresa tra i 18 ed i 20 anni.
Il presidente della Siams, Carlo Foresta, ordinario di Patologia clinica all’Università di Padova afferma: «Il 33,4% dei ragazzi sottoposti all’indagine è ipofertile e l’11,7% è gravemente ipofertile».
Il campione esaminato, ha mostrato una diminuzione del 25% della conta degli spermatozoi, rispetto ai quarantenni. Inoltre, i coetanei che vivono in campagna hanno il 30% in più di potenziale di fertilità. Per il presidente Foresta, tra le principali cause c’è «l’esposizione ambientale a pesticidi, inquinanti ambientali che agiscono come distruttori endocrini, spiazzando le fini regolazioni ormonali che modulano lo sviluppo dell’apparato riproduttivo, durante le prime fasi dell’embriogenesi».
Un’influenza negativa sulla fertilità maschile è data anche da obesità, sedentarietà, consumo di alcol, fumo e droghe. Ma anche infezioni e patologie che colpiscono l’apparato riproduttivo maschile. I giovani, ancora oggi, sottovalutano il rischio di infertilità: per mancanza di sensibilità al tema, che probabilmente percepiscono come lontano dalla propria condizione fisica, non conoscono i fattori del rischio nè sono abituati a sottoporsi a controlli andrologici preventivi. In aggiunta, se la fertilità della donna si riduce soprattutto per una sempre più tardiva ricerca della gravidanza (età media 31,1 anni), quando ormai il potenziale di fertilità fisiologico è in declino, per i maschi la riduzione della fertilità è un problema ancora più complesso.
Uno scenario simile lascia poche speranze alla popolazione italiana delle origini, già di per se in calo rispetto ad una sempre più presenza straniera a fare concorrenza.
La Società scientifica a tal proposito fa presente come, dando uno sguardo alle ultime proiezioni Istat, è prevista una riduzione di 11,5 milioni di italiani nel 2059 e un netto incremento della popolazione residente straniera fino a 14 milioni nel 2065.
Ora più che mai è importante preservare il patrimonio genetico italiano ed evitarne un ulteriore abbattimento. L’andamento è già naturalmente al ribasso con l’invecchiamento, a partire dai 35 anni, senza contare i fattori peggiorativi della fertilità come obesità, sedentarietà, alcol, fumo e droghe.
Di certo, se non saranno promosse campagne di sensibilizzazione a controlli andrologici di routine a supporto di un’educazione ad uno stile di vita sano, ben presto dovremo dire addio al mito del maschio italiano, capace di diffondere la sua presenza, concretamente, nel mondo.
Catello Somma