Grido d’allarme delle condotte Slow Food sull’industrializzazione nel campo agro-alimentare a scapito del lavoro agricolo ed artigianale. Nel ristorante da Umberto di Via Alabardieri a Napoli, tempio della ristorazione da oltre cinquantanni, è stato presentato il manifesto Resistenza contadina, riassunto in cinque punti: Un sistema di distribuzione del cibo che strozza i margini di chi lavora la terra ben di sotto la soglia di convenienza; una legislazione che sempre di più i processi di industrializzazione del cibo; lavanzare del cemento che, soprattutto nelle zone periferiche determina una progressiva e irreversibile perdita di suoli agricoli; il diffondersi dellillegalità anche nei sistemi di produzione del cibo; lomologazione dilagante dei prodotti alimentari.
La bontà dei sapori delle nostre terre coniuga incanti del palato e suggestioni dellolfatto è stato ribadito dai numerosi presenti. Chi non ha provato un brivido di piacere gustando i nostri ortaggi, i nostri latticini i nostri prodotti ittici, i nostri dolci, accompagnati magari da un ottimo vino. Forte, infine, il contributo che larte culinaria offre allo sviluppo del turismo, trascurato dalle istituzioni.
La coltivazione spinta a livello industriale con forte impiego di fertilizzanti, fa perdere al frutto la fragranza e le sostanze organiche. Molte varietà provenienti da Paesi esteri sono belle da vedere ma povere di contenuto. Per ritrovare il sapore di una volta il profumo della terra, bisogna che comuni, province e regioni, diano ai contadini il sostegno che meritano in modo da non far abbandonare le terre e cementificare il territorio. La bontà di frutta e ortaggi coltivati alle falde del Vesuvio o della Costa Flegrea difficilmente si potrà trovare in derrate provenienti da paesi esteri.
L’incontro, coordinato da Geppina Landolfo, presidente Arga Campania, Associazione Regionale Giornalisti Agroalimentari, è stato aperto da Massimo di Porzio, proprietario del ristorante ospitante che ha dichiarato di essere lui stesso esponente di resistenza gastronomica, trattando nel suo locale prodotti nostrani.
«Nella nostra terra esistono tante piccole aziende è intervenuto, infervorato, Vincenzo Egizio, contadino di Brusciano – con prodotti che sono riconosciuti di grande qualità ma che non riescono a fare reddito perché non possono competere col mercato agroalimentare oggi in essere. I prodotti hanno a priori un prezzo definito e una scheda tecnica e organolettica che non tiene conto né dei costi effettivi né della biodiversità, unici testimoni di una produzione rispettosa del territorio. Oggi c’è bisogno di ritornare al rispetto del terreno».
Gaetano Pascale, presidente Slow Food Campania, ha cosi sintetizzato il suo intervento: «Avremmo preferito non ci fosse bisogno di “resistenza”. Invece oggi dobbiamo porre un punto di partenza: noi siamo con i contadini. Resistenza contadina è un manifesto aperto, un punto di partenza sul quale ragionare con chiunque vuole unire la propria voce a quella dei contadini. Slow Food, presente in 150 paesi del mondo, non vuole e non deve rappresentare i contadini, ma apprendere da loro e dargli voce. Noi avremo iniziative nelle Condotte per aiutare i contadini a superare difficoltà diventate insostenibili. Il Manifesto parte dalla Campania, ma vuole arrivare, con i dovuti distinguo, in ogni parte del mondo».
Allunisono Geppina Landolfo per lArga e Gianpaolo Necco, consigliere nazionale Unaga, hanno dato il proprio appoggio alliniziativa dichiarando: «L’Arga Campania si occuperà di divulgare il Manifesto in tutte le Regioni dove figurano i nostri associati. I contadini non sanno più con chi parlare. Siamo un Paese in crisi, ma c’è una speranza: a Napoli, città di mare, si parla finalmente anche di agricoltura».
Maria Scarinzi, graphic designer esperta in comunicazione istituzionale e dimpresa ha poi presentato il logo del Manifesto, il quale caratterizza tutti gli appuntamenti di Resistenza Contadina. Maria, figlia di contadini, parte dalla descrizione della città cattiva, quella dove bisogna abbassare la voce per non dare fastidio e dove l’unico verde è quello dei campi di calcio. «Sono felice di avere potuto realizzare questo logo perché oggi ritorniamo a parlare di contadini, non di imprenditori agricoli».
Mario Carillo