Muore Renato Dulbecco: il padre del progetto genoma

Il 21 febbraio 2012 ci ha lasciato Renato Dulbecco, uno dei capostipiti dei cervelli in fuga dall’Italia, stimato e riconosciuto per i suoi successi scientifici in tutto il mondo; avrebbe compiuto 98 anni il giorno dopo.

Nato a Catanzaro, in Calabria, il 22 febbraio del 1914, lo scienziato italiano era figlio di padre ligure impegnato nel Genio Civile.

Si avvicinò alla scienza grazie alla sua passione per la fisica, chimica e matematica per poi arrivare alla medicina. A 16 anni si iscrisse alla facoltà di Medicina dell’università di Torino, seguendo i corsi dell’anatomista Giuseppe Levi, con Rita Levi-Montalcini. Conseguì laurea con lode nel 1936 a soli 22 anni, con una tesi sulle alterazioni del fegato dovute al blocco nell’efflusso della bile, ricevendo in quest’occasione diversi premi, in quanto riconosciuto come il migliore laureando dell’università con la migliore tesi. Durante la seconda guerra mondiale è ufficiale medico sul fronte francese e poi su quello russo. Rientrato in Italia, nel dopoguerra torna a Torino. Nel 1947 la decisione di trasferirsi negli Stati Uniti per raggiungere Slvatore Luria, che lavora lì già dal 1940. Il viaggio inizia incontrando Rita Levi Montalcini: «senza saperlo, ci ritrovammo sulla stessa nave», raccontava egli stesso. «Facevamo lunghe passeggiate sul ponte parlando del futuro, delle cose che volevamo fare: lei alle sue idee sullo sviluppo embrionale e io alle cellule in vitro per fare un mucchio di cose in fisiologia e medicina».

Nel 1947 si trasferì negli Usa per andare a lavorare al California Institute of Technology, dove insegnò e si occupò dello studio dei tumori.

Nel 1960 cominciò a studiare i meccanismi che riparano il Dna quando è danneggiato dalle radiazioni, perché la moglie di un suo amico era morta di cancro al seno. Per aveva capito che per decifrare e combattere il tumore bisognava lavorare sulle deformazioni del Dna e, più in generale, sulla struttura genetica, vinse il premio Lasker per la ricerca medica nel 1964.

Nel 1972 lascia gli Usa per Londra, come vicedirettore dell’Imperial Cancer Research Fund; da qui, dopo una breve parentesi, tornò all’Istituto Salk per occuparsi dei meccanismi genetici all’origine del cancro.

Il premio Nobel per la medicina arrivò nel 1975, conseguito con David Baltimore e Howard Temin.  Studiando il funzionamento dei virus tumorali nelle cellule animali, Renato Dulbecco ha avuto il merito di avere risolto il mistero sull’origine di alcune forme di tumore. In contrasto con le idee scientifiche prevalenti del tempo, ha per primo concepito il tumore come una malattia scatenata da un difetto del Dna.

 

Un uomo profondamente deluso dal nostro Paese, che lo ha ammirato per pubblicità, ma lo ha tenuto sostanzialmente alla larga. Gli ritirarono la cittadinanza proprio nei giorni in cui era andato a Stoccolma a ritirare il Nobel.

Da uomo senza sosta, come racconta lui stesso “Dopo il Nobel decisi di concentrarmi sui cancri di significato medico, ad esempio quello del seno. Era chiaro che molti geni dovevano cambiare attività col cancro, ma non si sapeva quali. A quell’epoca se ne conoscevano pochissimi, e ho pensato che bisognava studiarli sistematicamente e sequenziare il genoma. Lo proposi nella primavera del 1985, in una conferenza a Cold Spring Harbor, e mi ricordo lo scetticismo generale, pensavano fossi matto. Poi però qualcuno cominciò a dire che non era un’idea così pazzesca, e io scrissi l’articolo per Science. Non avevamo le tecnologie, ma se la gente ci si mette, le tecnologie arrivano”.

Ecco allora che nel 1987 ritorna in Italia per il progetto internazionale Genoma Umano, col quale si era illuso di una collaborazione proficua con la scienza italiana, che subisce uno stop per mancanza di risorse, riportando Dulbecco negli Stati Uniti.

Aveva anche fondato un Istituto per permettere agli scienziati italiani emigrati di lavorare al rilancio della scienza in patria. Si chiama Issnaf Italian Scientists and Scholars in North America Foundation.

Nello stupore generale, nel 1999, con Fabio Fazio, conduce il festival di Sanremo, che utilizza per aiutare la ricerca, specialmente per combattere il fumo ed evitare la fuga di cervelli: ha devoluto il compenso ad un programma che favorisse il rientro dei cervelli in fuga all’estero. L’iniziativa oggi prosegue nel Progetto Carriere Dulbecco promosso da Telethon.

Le sue condizioni di salute erano ottime fino a sei mesi fa, poi ha avuto un malanno”, ha raccontato Paolo Vezzoni, che dal 1987 collaborava con Dulbecco al ‘Progetto genoma umano’ del Cnr.

Ci ha lasciato uno «scienziato gentiluomo italiano», schierato in prima fila nelle battaglie a favore della ricerca sulle cellule staminali e per reintrodurre l’Evoluzionismo nei libri scolastici; deluso da un paese che gli ha voltato le spalle, ma che egli ha sempre continuato ad amare, sperando in una scienza promossa da scienziati italiani in Italia.

Catello Somma

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