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Castellammare, casa di un affiliato al clan D’Alessandro passa al Comune

Passa al Comune di Castellammare di Stabia l’appartamento confiscato a Carmine Caruso, affiliato al clan camorristico dei D’Alessandro. L’abitazione (5,5 vani) si trova in via Santa Caterina ed era intestata alla moglie dell’uomo, Carmela C.

Il verbale di consegna dell’immobile è stato firmato, questa mattina, presso Palazzo Farnese, dal sindaco di Castellammare di Stabia, Luigi Bobbio, e dai funzionari dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata Gianpaolo Capasso e Angelo Zampelli. L’appartamento, sequestrato nell’ottobre 2004, è stato definitivamente confiscato a seguito della pronuncia della Corte di Cassazione del 29 maggio 2009.

Carmine Caruso è stato coinvolto, negli anni, in numerose inchieste della Direzione distrettuale antimafia di Napoli per associazione di stampo camorristico, usura e stupefacenti insieme a esponenti di primo piano del clan D’Alessandro.

“Registro con grande soddisfazione l’assegnazione dell’appartamento di via Santa Caterina all’Amministrazione di Castellammare di Stabia. Si tratta di un altro bene strappato alla camorra che sarà destinato dalla mia Amministrazione a scopi di pubblica utilità. La camorra deve continuare ad essere colpita non solo nelle persone dei suoi affiliati e dei suoi «simpatizzanti», ma anche nei suoi patrimoni sottolineando l’alto valore simbolico di provvedimenti come questo che hanno anche una indubbia rilevanza pratica poiché consentono all’Amministrazione comunale di avere a disposizione beni con i quali poter favorire le attività sociali e non che, a vario titolo, concorrono a determinare un clima nuovo di cambiamento e di ripulsa della bestialità camorristica e delle sue seduzioni”, ha commentato il sindaco Bobbio.

“Registro, tuttavia, in questo caso, una criticità normativa che andrebbe affrontata e risolta in sede parlamentare o di Governo. Vorrei, infatti, poter destinare questo immobile (si tratta di un grosso appartamento nel centro antico) e un’altra struttura, sita nel centro di Scanzano, all’utilizzo da parte delle forze di polizia per poter fisicamente tornare ad infilare la lama della legalità nel cuore della bestia camorristica e per tutelare la moltitudine di cittadini perbene che abitano e continuano a vivere, fra mille difficoltà, nel cuore storico della nostra città. Ebbene, paradossalmente, ciò non sembra essere consentito proprio dalla normativa vigente in tema di beni confiscati. Essa, infatti, pare vietare che l’Amministrazione comunale possa affidare in comodato gratuito questi beni immobili alle forze di polizia perché vi insedino stazioni di carabinieri o posti di polizia con un risultato in termini di presidio sul territorio e di controllo dello stesso che sarebbe innegabile. La normativa vigente, infatti, consente che tali strutture siano destinate esclusivamente a compiti precipui dell’Amministrazione comunale così vanificando un ulteriore utilizzo virtuoso e di eccezionale utilità pratica degli stessi. La destinazione di beni immobili confiscati alla criminalità organizzata a sedi operative di forze dell’ordine è possibile infatti solo quando tali beni vengano dall’Agenzia assegnati direttamente a una delle forze di polizia nazionali. Si tratta, purtroppo, in questo caso, di una previsione troppo riduttiva e sostanzialmente sciocca perché impedisce, di fatto e in diritto, manifestazioni visibili di sinergie virtuose tra istituzioni come quelle che io avrei voluto poter attivare in questo caso. Gli uffici di polizia e carabinieri, in particolare, dopo la discutibile scelta operata negli scorsi anni, sulla base peraltro di un trend nazionale altrettanto discutibile, a Castellammare e non solo, sono stati di fatto portati all’esterno del cuore della città in una logica finto efficientista che, in concreto, ha spesso penalizzato non solo le capacità operative ma anche la funzione di presidio, non soltanto simbolico, che le vecchie dislocazioni nei cuori dei centri cittadini svolgevano. Mi riprometto di verificare, a brevissimo, la vicenda con S. E. il prefetto di Napoli, ma credo che solo un intervento normativo potrebbe risolvere il problema. Spero che qualche parlamentare o lo stesso ministro degli Interni possano mostrarsi sensibili alla questione”, ha concluso Bobbio.

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