Ancora ombre si allungano sull’area archeologica pompeiana e a denunciarle, in un’interrogazione parlamentare rivolta al Ministro dei Beni culturali Lorenzo Ornaghi, è la Senatrice Diana De Feo. Dopo l’ennesimo crollo registrato nei giorni scorsi a destare l’allarme, secondo la componente della commissione cultura, è la presenza di transenne posizionate nell’area compresa tra l’arco di Porta Marina Superiore e il Tempio di Venere, per cui si richiede un pronto intervento governativo al fine di permetterne l’eliminazione. Dette strutture, infatti, che il commissario Marcello Fiori aveva provveduto a rimuovere considerandole pericolose, potrebbero costituire un rischio per la sicurezza e l’incolumità dei turisti. Inoltre, a fronte di tale situazione, si sarebbe costituito un Comitato spontaneo, composto da coloro che a vario titolo sono interessati all’area archeologica, dalle aziende del settore, ai tassisti, alle guide turistiche, che avrebbero presentato una petizione indirizzata alla Soprintendente di Napoli e Pompei Teresa Elena Cinquantaquattro. La proposta, avanzata da tale organizzazione di operatori turistici, è di creare un percorso più agevole soprattutto per persone diversamente abili, gli anziani e i visitatori che intendono servirsi del treno per giungere agli scavi. Tale iniziativa, radicata nell’area di Porta Marina e considerata ragionevole, è stata portata dalla Senatrice De Feo all’attenzione del Governo, perché valutasse l’opportunità di procedere al suo sostegno. Un altro aspetto su cui l’onorevole del PDL ha puntato l’accento, concerne la necessità di ripristinare nell’area archeologica un presidio di primo soccorso, esistente in epoca commissariale, a tutela della salute dei turisti e degli addetti ai lavori, anche in vista dei futuri cantieri previsti per il “Grande Progetto Pompei”. Tuttavia, se la città sepolta rappresenta l’esempio più conosciuto ed evidente delle carenze della gestione dei beni culturali nella nostra regione, altri siti vesuviani non sembrano godere di un trattamento migliore. Il “j’accuse”, in particolare, riguarda la celebre Villa di Poppea situata negli scavi di Oplontis, le cui recenti cronache hanno destato la preoccupazione della senatrice. Nello specifico, la preziosa struttura viene descritta in condizioni indecorose con “pavimenti luridi, mosaici che si sgretolano, affreschi che si gonfiano, tubi innocenti ovunque, nastri di plastica biancorossa di traverso, lampade arrugginite, erbacce che crescono divorando il pavimento della piscina e grosse travi nel soffitto”. Inutile dire che si tratta di un’altra autentica perla che l’umanità ci invidia e viene ad ammirare e che, secondo questa descrizione, appare in uno stato di abbandono intollerabile, uno spreco che non dovrebbe essere ulteriormente protratto. Non ci resta che sperare che questo appello all’autorità centrale non rimanga inascoltato e finalmente si intervenga per riportare alla normalità di un qualsiasi stato europeo anche queste aree archeologiche che hanno l’unica sventura di trovarsi all’ombra del Vesuvio.
Claudia Malafronte