Come ad ogni fine campionato che si rispetti, anche in EAV si rincorrono voci di “calciomercato”. Si era sempre detto, da parte di esperti ed osservatori, che il parco giocatori” di EAV era in sovrannumero e che occorreva dare una sfoltita. Nell’intento di rendere più snella la formazione dirigenziale, ecco la mossa di mercato. In lista di partenza, tre dirigenti sarebbero in predicato di essere “trasferiti” al società satellite EAVBUS con l’intento di trovare loro una più proficua collocazione di gioco. Si vocifera che il baldanzoso “panzer d’attacco” Akzeptanz. Il teutonico attaccante “di peso”, dopo che per qualche anno aveva fatto da punta di riferimento nell’attacco della holding napoletana, purtroppo, non ben visto “tatticamente” dall’attuale trainer di EAV, aveva recentemente dovuto accettare di essere relegato in panchina. Una sorta di Lucarelli inutilizzato in EAV, ma pronto a fare di nuovo gol in EAVBUS.
Le voci di rotaia, narrano di un altro “atleta” in cerca di migliori fortune. Lui è un tipico prodotto del fertile vivaio della costiera sorrentina, famoso chef e sommelier. Per le sue indubbie capacità dovrebbe andare a risolvere il problema di “amalgama degli uomini”, le risorse umane, infatti, in un EAVBUS non ha mai veramente funzionato. Mi viene in mente quel gustoso aneddotto che vide protagonista il famigerato Presidente dell’Avellino dei tempi d’oro, Sibilia. Il patron dei lupi avellinesi, alla desolata constatazione di un suo allenatore, che gli chiedeva di pazientare sul gioco ancora incerto della squadra, perchè non c’era ancora “amalgama”, rispose:”E quant cost chiste amalgama, che ce vò c’o accattamme”.
Nel pacchetto, poi, come cadeau (qualcuno dice come “ionta”) sembrerebbe ci sia anche l’ex “gemellino del gol” che, da quando ha perso il suo defunto nume tutelare, sembra aver smarrito la via realizzativa, forse distratto da fenomeni extracalcistici che ne hanno minato le capacità fisiche. Proprio per questo, EAVBUS potrebbe rappresentare per lui, allontanandosi dalle distrazioni, l’occasione per rituffarsi anima e corpo sul lavoro ed interrompere, così, un declino che prima o poi lo avrebbe condotto alla cessione definitiva.