Ritorna la “Giornata della legalità”. Tra poche settimane, nella città della Reggia, sarà di scena la tradizionale kermesse che ogni anno coinvolge amministrazione comunale, scuole e forze dell’ordine. L’evento è da anni fortemente voluto dal sindaco porticese Vincenzo Cuomo, che da sempre lega l’operato della sua amministrazione al valore della legalità. Tuttavia, le numerose vicende giudiziarie che hanno colpito il governo cittadino negli ultimi mesi, potrebbero indebolire questo legame portato avanti in sede di
campagna elettorale dall’intera coalizione di maggioranza. Eppure, l’amministrazione guidata dal leader del Pd era partita col piede giusto. Infatti, Cuomo appena rieletto sindaco della città della Reggia, inserì nella sua giunta comunale un magistrato, uomo simbolo della legalità e della trasparenza che avrebbe dovuto contraddistinguere la sua amministrazione. L’assessore – magistrato era Nicola Marrone, con le deleghe all’avvocatura e al personale, avrebbe dovuto essere il simbolo della legalità nella giunta Cuomo. Ma l’avventura del magistrato durò poco. A seguito del terremoto giudiziario dell’anno 2010, quando otto dipendenti comunali, l’assessore ai lavori pubblici Rosario Frosina, il capo – gabinetto del sindaco Pierino Piro e il dirigente dell’avvocatura municipale Antonio Albo vengono iscritti nel registro degli indagati, Nicola Marrone rassegna le sue dimissioni. Il magistrato non spiegò le ragioni della sua decisione, ma affermò che la sua avventura da assessore era giunta al capolinea per motivi personali. Il gesto di Marrone fu molto apprezzato nell’entourage politico, dato che le sue dimissioni furono associate dagli addetti ai lavori, alle indagini che colpirono l’assessore Frosina e i due dirigenti, anche se questa tesi non fu mai confermata dal diretto interessato. A distanza di due anni dalle sue dimissioni, abbiamo posto alcune domande al magistrato appena trasferito da Vallo della Lucania al tribunale di Torre Annunziata.
Nicola Marrone, lei è stato parte integrante della giunta Cuomo fino al maggio del 2010, quando rassegnò le sue dimissioni. Come definisce l’operato di questa amministrazione?
“Sento dire da più parti che questa è stata una buona amministrazione. Condivido solo in parte tale giudizio. Provi a pensare a quello che succede in una amministrazione di condominio: l’amministratore svolge un buon lavoro se toglie la spazzatura. Ma cosa succede se i condomini hanno due – tre auto a famiglia? L’amministratore si preoccupa di trovare un posto auto per tutti. Questo è quello che sta accadendo nella città di Portici. Viviamo una situazione di precaria vivibilità sotto il profilo della qualità dell’aria,
anche se non abbiamo dati a sostegno per la permanente mancata funzionalità delle centraline di rilevazione, nonostante le promesse e gli interessamenti degli amministratori locali. Ho avuto l’altro giorno la disavventura di salire via Libertà con l’auto e mi sono trovato imbottigliato in un meccanismo infernale nonostante la solerte presenza dei vigili urbani. Credo che un amministratore che abbia una visione politica del territorio non si possa limitare a realizzare i parcheggi interrati, che ancor più numerosi sembrano esser previsti dal Piano Urbanistico Comunale di prossima attuazione, ma indirizza le scelte: offre alla collettività un buon servizio di trasporto pubblico per evitare l’utilizzo delle auto e realizza parcheggi pubblici e non privati. Abbiamo, allora, un buon amministratore di condominio che ha tolto la spazzatura ma non ha dato un indirizzo politico – amministrativo al territorio. Portici, da sempre considerata una città dormitorio, si trova a vivere una crisi di identità che permane perché non ha davanti a sé un progetto. Urge, dunque, un progetto che dia una identità alla città ed ai cittadini”.
Lei non ha mai motivato la sua scelta di interrompere la sua avventura da assessore nel maggio del 2010. Ma cosa la spinse a dimettersi?
“Io non avevo un mandato elettorale. Non ero stato votato dalla gente. Se fossi stato eletto avrei ritenuto doveroso dare una motivazione pubblica del mio gesto. Il mio era un rapporto che nasceva dalla vicinanza ad un’area, ero un assessore del Pd. Avevo un mandato che mi era stato dato dal sindaco ed ho ritenuto opportuno riferire solo a lui le ragioni della mia scelta. Oggi a distanza di due anni tali ragioni si sono ancor più evidenziate e credo sia legittimo da parte mia esprimerle pubblicamente. Le stesse nascevano da una situazione di incompatibilità, non dettata dal mio ruolo di magistrato, ma dal contrasto tra la mia visione
politico – amministrativa delle cose e quelle che vedevo realizzate sotto i miei occhi in determinati settori. E’ una visione dettata dai miei convincimenti politici che si riconducono agli stessi principi che ho avuto modo di leggere nello statuto del Partito Democratico. Credo che la politica debba interrogarsi. Si sente tanto parlare di legalità, vessillo ormai sbandierato in ogni angolo e non sempre da soggetti titolati a farlo. Ma prima della legalità viene l’assunzione delle proprie responsabilità. Per come la
vedo io un assessore ai lavori pubblici sottoposto ad una indagine molto delicata che riguarda non una vicenda personale ma una ipotesi – ovviamente da verificare col massimo garantismo – di associazione per delinquere finalizzata alla turbativa d’asta, avrebbe dovuto, secondo i corretti canoni dell’etica politica fare, almeno temporaneamente, il classico passo indietro in modo da
permettere alla magistratura di poter svolgere il proprio lavoro senza il timore di inquinamenti probatori e dare alla cittadinanza una risposta di trasparenza”.
Quali presupposti dovevano configurarsi per far si che il suo cammino da assessore continuasse?
“Non ho mai avuto nulla di personale nei confronti dell’assessore Frosina. La macchina comunale deve, però, essere un palazzo trasparente, non solo come struttura fisica. C’è una indagine in corso? La responsabilità etica della politica, tanto invocata dal nostro Presidente della Repubblica, imponeva una scelta. Il sindaco poteva assumere le deleghe dell’assessore Frosina ad interim, come avevo suggerito, e quella sarebbe stata la condizione per la quale avrei potuto continuare serenamente ed in modo convinto a svolgere il mio compito. Diversamente mi hanno dato la certezza che l’amministrazione procedeva in una direzione che non era la mia”.
Ha ambizioni politiche?
“Iniziare una nuova esperienza politica è sempre interessante. Molte persone, anche nell’ambito dei partiti istituzionali, mi hanno sollecitato in tal senso. La politica è la più nobile delle arti ma occorrono delle giuste premesse soprattutto oggi che viviamo in un periodo di antipolitica galoppante. A tal proposito devo dire che ho avuto modo di confrontarmi con i ragazzi del Movimento cinque stelle ed ho trovato molte loro istanze davvero interessanti ma non condivido pienamente la loro visione delle cose. I grillini immaginano una società nella quale la comunicazione virtuale viene a sostituire i mezzi tradizionali di rappresentanza. Sono convinto che il web sia uno straordinario mezzo di partecipazione del cittadino alla vita pubblica: basti pensare ai recenti
sommovimenti del Nord-Africa dove la comunicazione virtuale ha giocato un ruolo fondamentale. Nel momento della ricostruzione c’è, però, bisogno della politica. Questi strumenti possono essere un valido supporto ma non l’alternativa. Il mio rammarico è che oggi la politica tradizionale di fronte a questa visione assume una posizione di chiusura, quasi a difendere i privilegi e le poltrone. Potrebbe attirare la mia attenzione solo un progetto dove la politica si apra davvero alle istanze dei cittadini”
Andrea Scala