Pompei: il mercato del sesso diventa diurno a due passi dagli Scavi e dal Santuario

 

È il mestiere più antico del mondo come ampiamente testimoniato nella Pompei antica dai numerosi lupanari che erano indicati inequivocabilmente ad ogni quadrivio e che ancora oggi ne costituiscono una delle attrattive maggiori assieme al fallo di Priapo e ai calchi. Ma se Eros e Thanatos caratterizzano le pulsioni basilari della città vecchia e dei suoi visitatori, la città nuova non è da meno e tutte le notti diventa teatro di un commercio di corpi noto a chiunque passeggi per le vie cittadine dopo il tramonto. Tuttavia non era mai capitato di imbattersi in avvenenti entraìneuses pompeiane o acquisite in pieno giorno. E sì che Pompei non si era fatta mancare proprio niente in termini di amori prezzolati con un’ inchiesta di qualche tempo fa che portò alla scoperta di un vasto giro di prostituzione che coinvolgeva quasi tutti gli alberghi della città, persino quelli posti a due passi dal Santuario che nei servizi televisivi campeggiava accanto ai luoghi del piacere proibito. Ma anche questa è una prerogativa che Pompei non ha tardato ad accaparrarsi. Così, il 9 maggio intorno alle 15.30, gli automobilisti e i pedoni che transitavano nei pressi dell’uscita autostradale della A3 Pompei Scavi non potevano non notare due signorine abbigliate, si fa per dire, in maniera provocante  che attendevano qualche cliente diurno e impaziente cui vendere il loro giovane corpo per poche decine di euro. A fermarsi però, una mezz’oretta più tardi, è stata soltanto una pattuglia dei carabinieri che le ha identificate ed obbligate ad allontanarsi. Dall’aspetto si sarebbero dette di origine rom, intuizione corroborata dalla presenza di un campo nelle vicinanze, cui probabilmente hanno fatto ritorno dopo essere state costrette ad abbandonare il “posto di lavoro”. Eppure l’origine poco importa in una città che di sera si trasforma in una Las Vegas del sesso, concentrata sotto i ponti, da quello di Viale Mazzini a quello dell’autostrada dove si intrattenevano le peripatetiche antimeridiane. Passando per via Plinio, poi,  di notte si vedono bellissime ragazze in attesa agli angoli delle strade e qualsiasi donna non può passeggiarvi senza vedere una macchina attardarsi e guardare. Eppure si tratta di una via del turismo dove i visitatori non possono fare a meno di passare e che dovrebbe rappresentare il biglietto da visita della città. Si parla tanto della mancanza di infrastrutture, alberghi e ristoranti, per cui i turisti non rimangono a Pompei. E la sicurezza qualcuno la ricorda? Quegli stessi turisti perché dovrebbero essere invogliati a rimanere in una città che nelle stesse strade che collegano le rovine al centro offre uno spettacolo da quartiere a luci rosse di Amsterdam e ora non solo per i suoi traffici notturni ma persino alla luce del sole. Solo domenica scorsa Monsignor Carlo Liberati, Arcivescovo di Pompei, aveva accusato il sindaco Claudio D’Alessio di essersi dimenticato del Santuario in una città che si abbandonava al degrado morale e agli incontri a pagamento. E così proprio il giorno immediatamente successivo alla Supplica le sue parole trovano una triste conferma in questo desolante episodio. Ma, evidentemente, c’è una tradizione più antica e resistente di quella del Santuario a Pompei, ed è quella della prostituzione, tanto che nel cartello che dà il benvenuto agli incauti visitatori bisognerebbe precisare: città di fede arte cultura e… bordello.

                                                                                                                 Claudia Malafronte

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