Nuovi sindaci senza una nuova politica

Un dato drammatico non ha nemmeno sfiorato le elezioni amministrative appena svoltesi in molti comuni campani: secondo dati ufficiali della Corte dei Conti, la Regione Campania rischia di schiacciarsi sotto il peso di un debito di circa 13 miliardi di euro accumulato in molti anni e che annualmente si accresce di oltre 200 milioni a titolo di “spese legali e interessi”. Una catastrofe, si ritiene, che potrebbe travolgere anche il bilancio dello Stato, già indebitato pesantemente come Monti ricorda a tutti noi (con tasse e balzelli vari), ormai quotidianamente. “In dieci anni – è scritto in una relazione della Corte dei Conti – l’esposizione debitoria della Campania è cresciuta al ritmo di 670 milioni l’anno, di cui 570 soltanto per coprire spese diverse da quelle della Sanità”. Deficit strutturali e inefficienze completano il quadro.
Quello del debito si profila come uno “tsunami” (cosi lo ha definito lo stesso Caldoro), mentre dalle elezioni si è capito che gli elettori chiedono alla politica di smetterla di politicare e di occuparsi dei drammi concreti di intere comunità, e soprattutto di eliminare inefficienze e ruberie nella gestione delle città e dell’ intero Paese. Lo hanno detto con forza, premiando movimenti e partiti che danno voce e forse speranza al dissenso e all’ incontenibile voglia di spazzare la mala politica.
Il voto ha spiegato che la voglia di cambiare si muove – dove la politica non si alimenta di diffusa partecipazione democratica – non sulla geografia degli schieramenti ma sulle aspettative riposte sui candidati. Si è valutata la buona reputazione, sono state ricercate doti di vicinanza alla gente, di disponibilità piena, di semplicità nei comportamenti e nelle azioni e tanta concretezza nel dare risposte a bisogni molto spesso elementari e poche volte di “sistema” e di “prospettiva”. Eclatante il risultato di Malinconico a Torre del Greco ed inaspettato, quanto significativo il successo netto di Michele Palummo a Pimonte: entrambi hanno vinto ampiamente sui sindaci uscenti. Ancora da decifrare, invece, il significato politico della riconferma di Starita a Torre Annunziata con un’analisi a più livelli che probabilmente segnerà di polemiche, almeno i primi mesi di amministrazione. Il neo sindaco spiega che i voti arrivati copiosi soprattutto dai quartieri più degradati della città hanno premiato la “vicinanza della sua giunta ai bisogni di quella popolazione”, mentre per gli oppositori si è trattato di un voto “fortemente condizionato da rapporti tra candidati ed elettori che andrebbero capiti”.
Le conclusioni sulla tendenza generale che potrebbe replicarsi, amplificandosi, alle prossime politiche, è comunque netta e ben delineata: Berlusconi e il Pdl non “tirano” più; lo stato confusionale del Pd sulla scelta delle alleanze lo penalizza fortemente; il terzo polo con Casini e compagni è stato un flop; le liste “acchiappadissensi” catalizzano voti e sembrano essere realtà politiche molto utili al rinnovamento necessario della politica, mentre non è ancora chiaro quanto possano essere utili per governare. Infine l’astensione, contenuta entro il 7% per la natura locale del voto con candidati in pressing serrato sugli elettori, è destinata a crescere alle prossime politiche, se si pensa che diversi sondaggi compiuti prima del voto, registravano l’intenzione di non votare diffusa nel 55% degli elettori. Ha detto il leader dell’Udc, Casini: “Io rifletto, sto riflettendo, in politica ogni tanto bisogna fermarsi a pensare, adesso me ne andrei, quasi, in un eremo per poter pensare meglio”. Nobile il concetto ma la maggioranza degli elettori (almeno gli intenzionati ad astenersi) forse vuol sapere per quanto tempo sia Casini che gli altri rimarranno nell’eremo, per decidere se cambiare intenzione sull’esercizio del voto.

Antonio Irlando

Donazione sostieni il Gazzettino Vesuviano