Abbattere le caste e i privilegi

Ieri, però, il Fondo Monetario Internazionale ha confortato l’Italia incoraggiando ed elogiando il governo, pur non cambiando le previsioni buie sull’economia italiana. Secondo il FMI, l’Italia “migliora” ma non bisogna “allentare l’impegno per la gestione rigorosa delle finanze pubbliche e delle riforme strutturali”. Cittadini ed imprese, soprattutto dalle nostre parti, complici anche inefficienti e sprecone amministrazioni pubbliche locali, non si sono accorti del “miglioramento”, accrescendo la preoccupazione per il futuro. Le valutazioni del FMI appaiono innanzitutto come un tempestivo “sostegno politico straniero”, senza dubbio necessario per il Governo che inizia a subire molti “se” e altrettanti “ma” dai partiti che oggi lo sostengono “per necessità”, accompagnati da malumori pesanti che derivano dal crescere di sofferenze sociali ed economiche sia dei cittadini che delle imprese private che non riescono a produrre economia di reddito e di sviluppo. Chi oggi dovrebbe produrre ricchezza reale e distribuita, è depresso dalla carenza di soldi in moneta spendibile e da una soffocante tenaglia fiscale, necessaria, ci dicono da tempo, per sanare il “debito pubblico”. E’ opinione crescente e diffusa nella maggioranza degli italiani, come confermano sondaggi convergenti, che la responsabilità dei mali italiani è riconducibile alla responsabilità diretta di una casta politica, cialtrona e d inefficiente, di cui le cronache di questi giorni stanno anche spiegando le ulteriori nefandezze e gli odiosi privilegi di cui si avvale.

 Infatti, quel che fa crescere la tensione sociale del Paese, intercettata nettamente alle ultime amministrative dai “movimenti”, deriva dal constatare che i muri “abusivi” dei privilegi delle caste (dei partiti, dei politici fannulloni e delle corporazioni degli apparati pubblici) non sono ancora interessati da provvedimenti di “demolizione”. Cresce il malumore perché all’insoddisfazione diffusa per il lavoro che si deprime, per i pochi soldi che transitano nelle tasche dei cittadini e delle imprese, si assiste ad un’attività “suicida” delle banche che, per sanare i propri problemi, invece di distribuire quello che hanno avuto dalla BCE,  hanno quasi chiuso i canali del credito, necessario a finanziare la ripresa, ma innanzitutto il lavoro corrente. Intanto lo Stato che deve pagare scappa dai propri impegni, mentre quello che deve esigere attua procedure aggressive e spesso esose. A metterle in pratica è il “braccio armato” di Equitalia, purtroppo oggetto di aggressioni gravi, perché ritenuto il soggetto simbolico di responsabilità sociali gravi.  Ma la rabbia di massa è concreta e ad  aumentarla contribuiscono le scoperte quotidiane di casi eclatanti di sprechi e di privilegi di casta.  Basta leggere almeno un dato della recente relazione della Corte dei Conti sulla Funzione Pubblica. “La fruizione di aspettative retribuite, permessi, permessi cumulabili e distacchi relativamente al 2010 – si legge nel dettagliato rapporto della Corte – può essere stimata come l’equivalente all’assenza dal servizio per un intero anno lavorativo di 4.569 unità, pari a un dipendente ogni 550 in servizio, con un costo a carico dell’erario pari a 151 milioni e al netto degli oneri riflessi”. In questo il Governo Monti sembra essere in ritardo, in forte ritardo.

Come non deve “incazzarsi” un operaio che non percepisce regolarmente lo stipendio dalla propria impresa che ha crisi di liquidità, mentre assiste alla permanenza di “stipendifici pubblici” che non producono praticamente nulla per i cittadini? Come non devono protestare quei 284 mila “inattivi” della sola Campania, rispetto ai 339 mila di tutto il nord, secondo dati resi noti da Confartigianato? Non sono comportamenti da qualunquisti, come la casta dei partiti si è affrettata a liquidare il consenso dei “movimenti”, ma la rappresentazione “politica” dei drammi che vivono tanti uomini e donne, veri, che patiscono la crisi. Se poi i rappresentanti sono tanti giovani di età e molti d’iniziativa, preparati, entusiati con un chiaro concetto di “politica per il bene comune”, non si possono certo rimpiangere i soliti tromboni di caste politiche in putrefazione.

Antonio Irlando

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