Infatti, quel che fa crescere la tensione sociale del Paese, intercettata nettamente alle ultime amministrative dai “movimenti”, deriva dal constatare che i muri “abusivi” dei privilegi delle caste (dei partiti, dei politici fannulloni e delle corporazioni degli apparati pubblici) non sono ancora interessati da provvedimenti di “demolizione”. Cresce il malumore perché all’insoddisfazione diffusa per il lavoro che si deprime, per i pochi soldi che transitano nelle tasche dei cittadini e delle imprese, si assiste ad un’attività “suicida” delle banche che, per sanare i propri problemi, invece di distribuire quello che hanno avuto dalla BCE, hanno quasi chiuso i canali del credito, necessario a finanziare la ripresa, ma innanzitutto il lavoro corrente. Intanto lo Stato che deve pagare scappa dai propri impegni, mentre quello che deve esigere attua procedure aggressive e spesso esose. A metterle in pratica è il “braccio armato” di Equitalia, purtroppo oggetto di aggressioni gravi, perché ritenuto il soggetto simbolico di responsabilità sociali gravi. Ma la rabbia di massa è concreta e ad aumentarla contribuiscono le scoperte quotidiane di casi eclatanti di sprechi e di privilegi di casta. Basta leggere almeno un dato della recente relazione della Corte dei Conti sulla Funzione Pubblica. “La fruizione di aspettative retribuite, permessi, permessi cumulabili e distacchi relativamente al 2010 – si legge nel dettagliato rapporto della Corte – può essere stimata come l’equivalente all’assenza dal servizio per un intero anno lavorativo di 4.569 unità, pari a un dipendente ogni 550 in servizio, con un costo a carico dell’erario pari a 151 milioni e al netto degli oneri riflessi”. In questo il Governo Monti sembra essere in ritardo, in forte ritardo.
Come non deve “incazzarsi” un operaio che non percepisce regolarmente lo stipendio dalla propria impresa che ha crisi di liquidità, mentre assiste alla permanenza di “stipendifici pubblici” che non producono praticamente nulla per i cittadini? Come non devono protestare quei 284 mila “inattivi” della sola Campania, rispetto ai 339 mila di tutto il nord, secondo dati resi noti da Confartigianato? Non sono comportamenti da qualunquisti, come la casta dei partiti si è affrettata a liquidare il consenso dei “movimenti”, ma la rappresentazione “politica” dei drammi che vivono tanti uomini e donne, veri, che patiscono la crisi. Se poi i rappresentanti sono tanti giovani di età e molti d’iniziativa, preparati, entusiati con un chiaro concetto di “politica per il bene comune”, non si possono certo rimpiangere i soliti tromboni di caste politiche in putrefazione.
Antonio Irlando