Le dieci domande: lo sfogo ragionato dell’Architetto Giuseppe Berritto

Nel nostro iter alla ricerca di una verità minima su Pompei dopo ben otto anni di amministrazione D’Alessio siamo approdati dall’Architetto Giuseppe Berritto, impegnato in politica con la precedente gestione come assessore al personale e alla cultura e attuale presidente della Pro Loco, anche se le sue parole, precisa, sono in veste di semplice cittadino.

Architetto Berritto come valuta le nostre domande e le risposte ricevute, per noi inconcludenti e inaccettabili?

“Vede il discorso è più ampio ormai il livello culturale si è abbassato e la classe dei professionisti il ceto pensante è stato estromesso dalla vita cittadina perché manca un interlocutore per avanzare proposte o discutere le scelte. Quello che manca in ogni caso è il dialogo”.

Qual è secondo lei il bilancio di questo governo di Pompei?

“Non c’è un indirizzo politico chiaro, un progetto su cui far sviluppare la città ma solo una gestione burocratica appiattita sul presente. Eppure è chiaro che dovremmo puntare tutto sugli scavi che sono la vera origine della città nuova e un gioiello mondiale. L’amministrazione potrebbe mettere in rete i siti vesuviani o creare un percorso tematico della agricolo culturale della valle del Sarno coinvolgendo l’intero entroterra ed essendone capofila. Invece si pensa alla ztl lasciando i pulmann fuori dal centro e rischiando di impoverirla ulteriormente. Per non parlare di Piazza  Schettini, col suo valore simbolico, che è è stata distrutta. Purtroppo si continuano a seguire degli input esterni e sconnessi senza una guida politica così l’investimento maggiore a Pompei è un centro commerciale e non la cultura”.

Cosa può dirci del PUC  che doveva essere presentato alla Biennale di Venezia?

“Sono sette anni che il PUC entra e esce dai cassetti,  si incaricano grandi professionisti  ma non si conclude mai nulla. Io stesso proposi di costruire il progetto facendo interagire la città vecchia e la nuova ma niente da fare. Poi si parla di un nuovo Parco archeologico ma il parco c’è sono gli scavi si devono sfruttare quello e collegarlo alla città perché nel sito arrivano diecimila turisti al giorno ma alla città non rimane quasi niente. Inoltre, sul PUC,  potrebbero indire un concorso internazionale con notevole risparmio, perché chiunque potendo legare il suo nome a Pompei abbasserebbe i costi”.

A proposito dell’ area archeologica come commenta la mancata risposta del primo cittadino di Pompei al ministro della cultura Lorenzo Ornaghi che disse “via la camorra dagli scavi”?

“Era necessaria una risposta politica perché la camorra negli scavi viene usata  come uno spauracchio per accentrare la gestione delle risorse. Se poi vogliamo parlare di metodo mafioso  potrei citare l’oltraggio del Teatro Grande: uno sfregio permanente e assurdo come applicare una legge moderna a un manufatto antico”.

                                                                                                                      Claudia Malafronte

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