Sembra il destino del PD, dividersi in anime differenti e caotiche, caratteristica nazionale e del circolo democratico di Pompei. In un momento di incertezza per la giunta D’Alessio, con la defezione di alcuni fedelissimi sul bilancio presto rientrati nei ranghi della maggioranza, mentre si parla di rimpasti per puntellare un esecutivo vacillante, il partito di Bersani si fa male da solo. Invece di scegliere una linea netta a favore o contro questa amministrazione crea ulteriore scompiglio al suo interno e nell’elettorato. Nota da tempo era la spaccatura nel consiglio comunale dove alcuni consiglieri PD sostengono il primo cittadino, mentre altri, del gruppo “Unità e impegno”, non gli lesinano colpi degni di un’agguerrita opposizione. La novità è un manifesto intitolato “Giù le mani dal PD”, firmato da undici membri del direttivo cittadino, in cui si contesta duramente la linea del segretario Vincenzo Mazzetti. “L’immobilità del PD di Pompei, l’assenza di un progetto politico per il territorio- si legge nel documento- (…) sono da attribuire all’incapacità o piuttosto alla mancata volontà di chi si trova a ricoprire l’importante ruolo di coordinatore di circolo. (….) Le continue esternazioni del segretario (…) rappresentano il pensiero solo di alcuni membri dello stesso autoproclamatisi “maggioranza” appoggiati da esponenti di Unità e Impegno, parte dei quali oggi iscritti al PD, fino a poco tempo fa organici all’amministrazione ed ora tenaci avversari. Il segretario, che a parole si è sempre proclamato il rappresentante di tutti, nei fatti è divenuto ostaggio e strumento di persone (…) lontane dal partito e che lo utilizzano unicamente per regolare conti personali”. Sulla questione è intervenuto Carmine Lo Sapio, dirigente del PD: “All’interno del Partito Democratico c’è la volontà, da parte di una sparuta minoranza di iscritti, di voler generare confusione per destabilizzare e fermare le azioni che il Circolo di Pompei sta portando avanti. Sono coloro che vorrebbero il Partito immobile per motivi puerili e poco edificanti. I firmatari del manifesto mentono sapendo di mentire. La maggior parte di loro diserta puntualmente i direttivi e non partecipa, in modo pretestuoso, a nessuna delle iniziative programmate e concretizzate. Come sulla problematica degli Scavi Archeologici, dell’interramento della circumvesuviana, sulla questione del “caro loculi”, sulla lotta allo sperpero del denaro pubblico, sul ricollocamento degli ex lavoratori Aticarta nel neocentro commerciale e la battaglia per i venditori ambulanti che sono stati oltraggiati da un’attività amministrativa poco chiara. Le posizioni assurde e strumentali servono solo per conservare il posticino, le menzogne per continuare a sostenere un’amministrazione comunale dichiarata fallita dagli stessi Consiglieri di maggioranza, che hanno palesemente manifestato il loro dissenso disertando la seduta del Consiglio comunale per l’approvazione del Bilancio di previsione 2012, argomento fondamentale per la città. Gli ispiratori del trasformismo fingono di non sapere ma non perdono occasione per inveire contro i consiglieri del PD, che giustamente assumono posizioni critiche sugli argomenti posti all’ordine del giorno. Infatti, il Presidente del Consiglio comunale, dall’alto del suo posticino, anziché coordinare la seduta consiliare si erge, con toni autoritari, a padrone del partito e attesta quali sono i consiglieri del PD autentici e quali no. Serrapica, però, non firma il manifesto e si nasconde ancora una volta dietro coloro che inconsapevolmente assumono posizioni pubbliche contro il Partito Democratico. È vergognoso! Il PD sta pagando per le posizioni assurde di chi vuole a tutti i costi sostenere un’ amministrazione divenuta insostenibile anche per un folto gruppo di Consiglieri comunali di maggioranza che fanno finta di sostenerla quando sostano all’interno di Palazzo de Fusco, all’esterno invece non perdono occasione per criticarla in modo radicale. La verità è che tutti insieme non hanno alcuna intenzione di mettere in discussione i propri ruoli e posizioni compresi quelli che devono arrotondare lo stipendio a fine mese. Il Partito Democratico deve proseguire il percorso chiaro intrapreso, proprio alla luce del fallimento dell’amministrazione comunale, tenendo in debito conto l’interesse della nostra città e la crescita del nostro Partito”. È, quindi, guerra di correnti nel PD, una spaccatura tanto profonda da emergere al di fuori delle riunioni di partito. A lasciare sgomenti, al netto degli scontri, è che un’ ordinaria dialettica interna venga portata a conoscenza dei cittadini, che non comprendono il contenuto né il fine di queste esternazioni. Manca, infatti, una richiesta esplicita, un aut aut in base al quale assumersi delle conseguenze, che chi si cimenta in azioni politiche deve anche avere il coraggio di affrontare. La democrazia ha le sue regole, tra le quali l’elezione di una componente maggioritaria anche all’interno del partito, e se non è possibile riconoscersi nella sua azione non resta che abbandonarlo. Certamente è anomalo che la situazione pompeiana non comporti una forte risposta anche dai vertici napoletani del PD, laddove il suo simbolo viene utilizzato anche da fazioni del medesimo circolo per contestare la parte avversa. Arrivati a questo punto è lecito chiedersi: che ne sarà del PD? È stata questa una resa dei conti tra i democratici o un primo passo verso un nuovo partito? Le elezioni si avvicinano e ad esse spetterà l’ardua sentenza.
Claudia Malafronte