Sfuma l’investimento transalpino a Pompei, per molti un segno della provvidenza per salvare gli scavi dal colpevole abbandono figlio del laissez faire tutto italiano. E invece dopo mille promesse, incontri e dichiarazioni d’intenti Parigi dice addio al progetto italiano e lascia il belpaese solo di fronte alla sfida di risanare il nostro sgangherato patrimonio archeologico. È Joelle Ceccaldi Raynaud, presidente dell’Epadesa, ente gestore della Dèfense, il cuore finanziario di Parigi, a annunciare la diserzione degli investitori d’oltralpe in una lettera al ministro dei beni culturali Lorenzo Ornaghi. L’avventura dei francesi era cominciata nel novembre 2011 quando a Parigi vennero firmati due accordi: uno tra MIBAC e UNESCO per la manutenzione interna, l’altro tra Regione Campania e l’Unione Industriali di Napoli per gli interventi extra- moenia. L’interessamento dei francesi al primo progetto, per un budget di 5- 10 milioni annui, si concretizzò in un tour tra i siti vesuviani e un incontro con le istituzioni locali solo nel marzo scorso. Ora qualcosa è cambiato. Nel frattempo all’Eliseo si è insediato François Hollande che potrebbe nominare un nuovo presidente dell’Epadesa e ridurre le agevolazioni per chi investe nella cultura soprattutto all’estero. In patria, del resto, erano covati diversi malumori per un finanziamento ad un sito italiano e non francese, in particolare in un momento di crisi. Solo un mese fa, poi, “Le Monde” dedicava alla città sepolta un ricco reportage dal titolo emblematico “Silenzio. Pompei si spegne”, chiedendosi, in definitiva, se gli italiani fossero ancora in grado di occuparsene. Adesso che i francesi non ci sono più le polemiche si accendono sull’altro fronte delle Alpi. A farsi portavoce del malcontento generale è l’on. Luisa Bossa (PD), ex sindaco di Ercolano: “Perdiamo fondi necessari parallelamente ad una perdita di credibilità del nostro Paese. Evidentemente pesano l’insufficiente attenzione data dal Governo e dalle istituzioni locali al rilancio di Pompei. Gli investitori esteri arrivano, come dimostra il caso di Ercolano, solo se sul territorio si dimostrano serietà, rigore, competenza, affidabilità. Evidentemente il progetto su Pompei non ha saputo guadagnarsi quest’attenzione. Il Ministro Ornaghi e il governatore Caldoro dovrebbero rendere conto di questo dietrofront che appare, con tutta evidenza, come una bocciatura della credibilità degli annunciati progetti su un’area archeologica che il mondo ci invidia e che noi non sappiamo valorizzare”. Ora Pompei dovrà “accontentarsi” dei 105 milioni di euro dell’UE ma resta l’amarezza di un’occasione perduta, di una collaborazione preziosa cha avrebbe potuto far rinascere il nostro patrimonio purtroppo morente.
Claudia Malafronte