È una vera e propria bomba quella esplosa sugli scavi di Pompei all’indomani dell’addio francese, detonatore di un inveterato malcontento sulla gestione del sito e le sue potenzialità inespresse. Così quando il gruppo Epadesa e la sua presidente, Joèlle Ceccaldi Raynaud, hanno dato il benservito al ministro della cultura Lorenzo Ornaghi, “adescato” solo nel novembre scorso in un mitico rendez vous a Parigi, da noi si è scatenato un putiferio. E sì che l’incontro all’ombra della Tour Eiffel era molto affollato: nello stesso giorno mentre il MIBAC si accordava con l’UNESCO per una serie di restauri per cui i francesi annunciavano un finanziamento di 5-10 milioni l’anno senza limiti di tempo, anche la regione Campania siglava una convenzione con l’unione industriali di Napoli per una serie di infrastrutture extra moenia. Saltata l’intesa, è scattata la corsa nostrana al rimpallo delle responsabilità. Il presidente degli imprenditori partenopei, Paolo Graziano, incolpa la politica del ministero, l’ex sottosegretario alla cultura, Riccardo Villari, invece, accusa i francesi di aver prospettato l’investimento per aggirare le regole sugli appalti e avere aggiudicazioni “agevolate”. A commentare l’incresciosa situazione è il FLI campano, con l’on. Luigi Muro, coordinatore regionale, e Paola Marzullo, responsabile regionale dei beni culturali e archeologici nonché presidente del circolo FLI di Pompei “Socialismo e Libertà”: “Il danno notevole d’immagine che investe Pompei, ancora una volta sfregiata e umiliata è causato dall’incapacità sin qui riscontrata nella gestione e nella promozione dell’immenso patrimonio storico, artistico e archeologico avuto in eredità dalla storia, e dagli organi preposti a questo. Chi ha sbagliato deve assumersi le proprie responsabilità per il bene di Pompei e per l’immagine della regione Campania. Sono necessarie riposte immediate per quegli imprenditori che invece di scappare hanno avuto il coraggio di rimanere con le loro attività nei territori a combattere per la dignità della persona e del lavoro. Futuro e Libertà ritiene che Pompei non abbia bisogno di santi in Paradiso, ma deve puntare sulle numerose e preparate risorse locali, sia professionali, sia imprenditoriali. Bisogna coinvolgere i cittadini nei processi decisionali anche riguardanti il sito archeologico perché è da questo che il territorio ricava la maggior parte del suo sostentamento. Ciò che Futuro e Libertà farà è assicurarsi che, finalmente, visto la delicatezza dei processi decisionali da adottare, ci sia l’uomo giusto al posto giusto”. Al netto delle posizioni espresse in questi giorni sull’argomento, dall’on. Luisa Bossa (PD) all’arch. Antonio Irlando (Osservatorio Patrimonio Culturale), si ha la sensazione che la questione Pompei sia ancora irrisolta, in bilico tra il vorace appetito di molti che la vorrebbero come fonte di denaro e l’incapacità di moltissimi che la lasciano languire tra annunci e cedimenti. Quello che manca ancora una volta è la tutela, intesa come conoscenza e valorizzazione del patrimonio storico e artistico. Intanto Pompei crolla e gli investitori scappano. Andando avanti così rimarranno davvero solo rovine.
Claudia Malafronte