Nel Consiglio Comunale dello scorso 27 giugno ci sono stati pochi elementi di rilievo, a parte l’approvazione dei bilanci messi in ordine del giorno.
L’assessore Di Martino si è dilungato molto con la sua esplicazione minuziosa del bilancio consuntivo, In Movimento per Vico ha arringato con forza sulle falle del comune disastrato economicamente, sulle spese esagerate, sulla mancanza di democrazia in Consiglio Comunale. Si elencano sempre gli stessi argomenti, da troppo tempo, illuminazione pubblica, assunzioni, consulenze, anche con veemenza. L’avvocato Starace cita persino Cicerone, in latino, ma la maggioranza, al solito, resta imperturbabile, non si scompone. Matteo De Simone, richiama i consiglieri di minoranza solo per invitarli ad attenersi al tempo previsto dal regolamento. Forse per questo Dilengite descrive il suo stato depressivo in un paese nel quale sta crollando anche la volontà di esprimere delle opinioni, nel quale comanda l’espressione del sindaco e dei suoi simpatizzanti, “nun ‘e penzà”, lasciali perdere, riferendosi alle minoranze, che ormai pervade completamente la vita cittadina.
E forse anche per sfinimento il consigliere Starace si azzarda a minacciare che se si continua in questo modo cominceranno a fioccare delle denunce, cosa che finora il suo gruppo ha aborrito. Smentendo il Sindaco che in un’intervista li accusava di bloccare le attività amministrative con atti giudiziari, l’avv. Storace non ha però precluso questa possibilità in un prossimo futuro. Se non si esce dallo stallo, le denunce fioccheranno.
La cosa assume il sapore di una minaccia, forse l’unica in grado di smuovere un po’ l’aria stagna che impregna la sala consiliare e infatti l’atmosfera diventa quasi surreale quando il sindaco, a sorpresa, interviene per rispondere. Lo fa al suo solito modo, parlando in maniera semplice e diretta. Innanzitutto per dire che lui non sa parlare e ne è contento, “Che parlo affà?” Esistono oratori eccellenti in consiglio comunale con i quali è inutile entrare in competizione, anzi se la prende ironicamente anche con il buon Assessore Di Martino che si è dilungato troppo nella descrizione del bilancio consuntivo, lui, semplice operaio tubista di lavatrici. Come sperava di competere con i grandi avvocati presenti nei banchi della minoranza o di spiccare nella passerella mediatica dei filmati you tube?
Lui, il sindaco, è contento di non saper parlare anche perché in compenso sa fare le fogne: se alla minoranza sfugge, Cinque ricorda che questo paese ha adesso le fogne dappertutto e finalmente sta diventando un paese civile.
Quanto alle denunce, Gennaro Cinque smentisce la sua stessa intervista. Da un anno, cioè dall’insediamento del nuovo consiglio comunale, “Non è arrivata nemmeno una denuncia”. E sottolinea che nel passato, invece, le denunce fioccavano solo per riempire i titoli di giornale, smentiti poi dalle sentenze di assoluzione dei funzionari e di qualche assessore. Quindi dà atto alla nuova minoranza di avere evitato un inutile dispendio di danaro pubblico per pagare gli avvocati difensori in processi infondati. E conclude con un consiglio: “Se continuate a fare così, a non denunciare, può essere che la prossima volta siate voi maggioranza del paese!”
L’intervento del sindaco che “non sa parlare” lascia tutti annichiliti. Ormai Gennaro Cinque ha assunto il ruolo di santone, calma l’assemblea, zittisce gli esuberanti, stempera le intemperanze.
Nessuno rileva che il sindaco non abbia risposto a nessuna delle critiche avanzate dalla minoranza, che non si sia soffermato su nessun punto caldo che attende ancora risposte concrete, come la commissione per le antenne di telefonia o le spiagge libere di fatto privatizzate, o il Cinema Aequa, che stanno a cuore ai cittadini. E nessuno gli ha replicato che in molti casi l’autorità giudiziaria ha censurato le procedure assunte dall’Amministrazione Comunale e che ci sono tuttora dei procedimenti in itinere.
Infine, comunque, Bilancio Consuntivo e Preventivo vengono approvati con una maggioranza bulgara. Questa volta mancava anche il voto contrario di Dilengite e Franco Buonocore che, forse a ragione, hanno preferito abbandonare l’aula per non prendere parte a un inutile gioco dei ruoli.
Maria D’Ordia