Università per il lavoro nero

L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. Tutti noi conosciamo l’articolo uno della Costituzione e possiamo convenire sul fatto che il termine lavoro implica anche il concetto di legalità. Pertanto il primo articolo costituzionale andrebbe letto nel seguente modo: l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro regolare.

Questo semplice concetto basilare sembra essere sfuggito agli organizzatori di un’indagine, coordinata dal Consorzio Interuniversitario Almalaurea, sulle esperienze lavorative compiute, dopo il conseguimento del titolo, dai laureati di secondo livello che hanno concluso gli studi nel 2011.

Lo scopo di questo sondaggio – chiarisce la mail che invita a compilare il questionario on-line – è di evidenziare a chi si occupa di mercato del lavoro gli esiti occupazionali dei laureati.

Uno dei quesiti proposti riporta testuali parole “Lei attualmente lavora o ha lavorato nel periodo successivo al conseguimento della laurea specialistica?”. Fin qui tutto bene, salvo poi precisare che ai fini dell’indagine è necessario considerare “come attività lavorative anche i lavori non in regola”.

Proprio così, avete capito bene. In pratica le nostre brillanti università stanno chiedendo ai giovani laureati di dichiararsi occupati anche se fosse lavoro nero e quindi sfruttati, mal pagati, senza diritti e senza doveri.

E se tra i laureati ci fosse qualcuno con difficoltà a comprendere il senso della richiesta, al momento della risposta compare un vistoso avviso che ricorda e sottolinea che: anche se si svolge “un lavoro non in regola è corretto considerarsi come attualmente occupato”. Incredibile, ma vero.

Tutto questo perché? Il sospetto è che si voglia rendere più rosea la situazione occupazionale dei neolaureati, così per dare ancora un senso al fallimento del sistema universitario italiano. Sarebbe stato troppo misero il conteggio dei soli occupati regolari.

Un’indagine onesta avrebbe restituito un dato troppo umiliante per le università, è vero. Forse però la verità avrebbe potuto dare la giusta misura del disastro a chi in Italia, purtroppo,  si occupa di mercato del lavoro.

Ferdinando Fontanella

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