Il temporale di forte intensità che ha colpito Castellammare di Stabia, nella mattinata del 13 settembre, non ha nulla di particolarmente eccezionale, in ambito meteorologico eventi di questo tipo sono considerati normali nel periodo di fine estate.
Tuttavia l’aspetto preoccupante che il fenomeno ha, drammaticamente, evidenziato è la totale vulnerabilità della città al rischio idrogeologico che potrebbe innescarsi, nel prossimo futuro, in seguito ad un evento meteorico veramente eccezionale ed improvviso.
La domanda che molti si pongono è: se poche gocce d’acqua sono bastate per scombussolare la quotidianità degli stabiesi, che al risveglio hanno dovuto fare i conti con strade e piazze allagate al centro ed in periferia e frane nei quartieri collinari, cosa accadrà se un vero nubifragio o una improvvisa bomba d’acqua, ossia una pioggia molto copiosa e di breve durata, dovessero abbattersi sulla città?
La risposta a questa domanda non può essere rassicurante. Per averne conferma basta volgere lo sguardo al Monte Faito, che maestoso sovrasta Castellammare. Il monte è caratterizzato da ripidi versanti calcarei su cui giaciono ingenti ed instabili depositi piroclastici, il risultato dell’accumulo di lapilli, pomici, scorie e ceneri, eruttate dal vicino Vesuvio negli ultimi secoli.
Depositi di questo tipo sono soggetti a frane da colata rapida, che si innescano quando l’acqua, a seguito di eventi meteorici intensi, satura i terreni superficiali, contribuendo così a rendere più fluida la massa piroclastica che tende a scivolare verso il basso a grande velocità, ingrossandosi e travolgendo ogni cosa.
Non è semplice prevedere dove e quando le frane da colata si verificheranno, quello che è possibile fare è una buona prevenzione per anticipare l’evento o limitare i danni qualora dovesse verificarsi. Utile è, ad esempio, tutelare e curare la copertura arborea dei versanti, gli alberi con le radici stabilizzano i depositi piroclastici, mentre le chiome rallentano l’infiltrazione dell’acqua. Fondamentale è, inoltre, lasciare gli impluvi liberi per far defluire le colate verso il mare nel caso dovessero innescarsi.
Totale è, purtroppo, la disattenzione delle autorità in tal senso. I boschi del Faito sono lasciati in uno stato di completo abbandono che favorisce la morte degli alberi e l’azione dei piromani, proprio quest’estate numerosi sono stati gli incendi. Mentre gli impluvi, che localmente sono chiamati rivi, sono spesso ostruiti da depositi di rifiuti e numerosi manufatti costruiti più o meno abusivamente. A completare il drammatico scenario è l’ingente numero di persone che potenzialmente potrebbero essere coinvolte in una o più frane di vaste proporzioni. Castellammare rischia di rivivere quello che è stato il dramma di Sarno nel 1998.
Si spera, a questo punto, che le autorità locali e nazionali prendano coscienza nel più breve tempo possibile del problema, perché quando si identifica un potenziale pericolo, che potrebbe essere devastante per la società, è un dovere morale intervenire.
Ferdinando Fontanella