Fiat Pomigliano: il fallimento di “FabbricaItalia” e le incertezze sul futuro del Giambattista Vico

Sono giorni pesanti questi per i lavoratori dello stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco e per la città in generale, il cui tessuto sociale ed economico è certamente legato alle sorti dell’azienda automobilistica torinese.   La nuova Panda non nutre ,infatti, di un grande appeal in questo momento sul mercato automobilistico europeo  e non ha certamente reso quei risultati che al tempo dell’accordo e del referendum aziendale si sperava rendesse.

Senza dubbio,poi, risultano nient’affatto confortanti le parole di Sergio Marchionne, il quale una settimana fa ha parlato del fallimento del progetto ‘FabbricaItalia’ , un progetto che prevedeva per il nostro paese un investimento di 20 miliardi di euro e una produzione annua di 1,4 milioni di autovetture.

Il sospetto che in molti nutrono è che l’intenzione dei vertici Fiat sia stata fin dall’inizio quella di smantellare gli stabilimenti in Italia e de localizzare la produzione in quei paesi dove la manodopera ha un costo molto esiguo e che quindi  l’accordo ed il referendum siano stati solamente una presa in giro. All’oggi la Fiat non riesce ad essere competitiva rispetto alle aziende concorrenti e le vendite non sono in calo solamente nel mercato asiatico ed in quello americano.

Antonio Di Luca, esponente Fiom, commenta così sulla sua pagina facebook : ‘Se il piano Fabbrica italia è saltato come dice Marchionne, allora è saltato anche l’accordo firmato da Fim/Uilm/Ugl/Fismi.E’ allora necessario il ripristino dello status quo di diritti, leggi e relazioni sindacali, il rientro di tutti i lavoratori e le lavoratrici, il ripristino della CIG ordinaria da fare a rotazione con le settimane lavorative, l’investimento in almeno due nuovi modelli (ibridi). Altrimenti – chiede Di Luca-  occorre aprire a nuovi acquirenti che credono effettivamente nell’innovazione’.

Oggi più che mai viene contestata al Lingotto l’assenza di future prospettive. Se la Fiat non decide di investire nell’innovazione, come faceva anni fa, verrà certamente logorata dal tempo. E se uno come Romiti si mette a criticare Marchionne, l’italocanadese qualche domanda deve pure incominciare a porsela.  Se la Fiat è ancora ferma al motore multijet, mentre le aziende concorrenti investono nella tecnologia ‘tre cilindri’, progettano motori ibridi e diesel-metano, il calo della domanda d’acquisto non è certo addebitabile unicamente alla recessione economica.   Non si può pensare che, dopo tutto quello che è successo, sia lo Stato a dover intervenire erogando ancora anni di cassa integrazione per poter mantenere aperti gli stabilimenti in Italia. E il piano industriale che fine ha fatto?

In questo forte clima di tensioni, nella mattinata di mercoledì i cassaintegrati Fiom del Giambattista Vico hanno sfilato per le strade pomiglianesi manifestando le loro perplessità in ordine all’avvenire dell’azienda e contestando la totale assenza, a detta loro, delle istituzioni di tutti i livelli (comunali, regionali e nazionali) nel merito di questa vicenda, istituzioni che molte volte hanno anche fornito una spalla a Marchionne.  E’stato chiesto al Sindaco Russo di convocare un consiglio comunale straordinario apposito per la questione.  Franco Percuoco (Fiom) gli ha chiesto di attivarsi per tutti i cassaintegrati così come fece al tempo della Panda.  Ma pare che il primo cittadino non abbia manifestato molta solidarietà nei loro confronti, chiedendo agli operai di rivolgere la richiesta al Presidente del Consiglio Comunale, che venerdì, a tal fine,  ha riunito la conferenza dei capigruppo.

Aldilà,  dell’esito che potrebbe dare un consiglio comunale straordinario, si attendono certamente risposte più chiare dalla dirigenza torinese Fiat, le quali potrebbero arrivare anche a seguito dell’incontro di sabato 22 settembre tra l’a.d. Marchionne ed il Governo.

Antonio Tondi

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