I portavoce del movimento di feroce protesta in Spagna (la nazione poco lontano da noi), hanno spiegato la loro rabbia: «Ci hanno tolto tutto, tagliato stipendi, tredicesime, i diritti conquistati in anni di lotte sindacali, mentre i politici mantengono i privilegi». Le cronache da Madrid e dalle principali città spagnole spiegano che a protestare con una rabbia che preoccupa la polizia, sono giovani, disoccupati, ecologisti, militanti del movimento degli sfrattati e ancora indignati di tutte le età, pensionati e operai.
Non pensate che lo stesso testo, tra non molto, potrebbe essere scritto per una cronaca tutta italiana?
Catastrofismo? Per niente. Semplicemente fatti che stanno creando una miscela incontenibile di rabbia.
Una prima notizia. Un primo colpo allo stomaco di tantissimi. «Il Mezzogiorno è ormai a rischio desertificazione industriale, dove i consumi non crescono da quattro anni, lavora ufficialmente meno di una giovane donna su quattro e si è a rischio segregazione occupazionale con 329 mila under 34 che hanno perso il lavoro negli ultimi tre anni», questa la terribile fotografia che emerge dal Rapporto SVIMEZ sull’economia del Mezzogiorno.
Una seconda notizia. Un secondo colpo a tutti i cittadini, esclusa la casta degli interessati. Bankitalia ha reso noto un dato indecente: l’azienda Regione Campania costa moltissimo in più rispetto alla media nazionale. Infatti, i dipendenti di Regione Campania e Asl costano 13 mila euro in più degli equivalenti di altre regioni italiane (alla faccia del sud povero e arretrato!). Il loro costo grava per 619 euro (ca…!) su ogni cittadino campano ed è inutile che ci dilunghiamo in valanghe di dettagli sull’inefficienza dominante (tanto per rimanere light) che li caratterizza per la quasi totalità.
Una terza notizia. Un terzo colpo a tutti cittadini (sempre caste escluse) è la conferma di un altro primato negativo per la Campania. Non abbiamo lo scettro dello spreco tra i consigli regionali italiani e non lo ha nemmeno il Lazio di Batman. Siamo «solo» secondi, dopo la Sicilia, con un costo complessivo di «funzionamento» (scusate per il termine, decisamente improprio) di 31 (trentuno!) milioni di euro annui. Da domani, a Procura già all’opera, forse si taglierà (calma! non è quello che in tanti, barbaramente, si aspetterebbero).
Se questi tre fatti li mettono insieme i ventenni, i trentenni ed altri (tanti) ancora che non vedono l’orizzonte o che non lo vedono più; se a metterli insieme sono i pendolari della circumvesuviana e più in generale gli utenti (e i lavoratori) del trasporto pubblico regionale; gli utenti della Sanità pubblica, della Giustizia, dei servizi pubblici nella quasi totalità… Beh, c’è poco da restar tranquilli. Se a questo, poi, ci mettiamo anche l’Iva che da gennaio dovrebbe aumentare di 2 punti e… l’inflazione, il potere d’acquisto dei salari che si contrarrà ulteriormente ed altre imprese che chiuderanno bottega.
Altro che rabbia alla spagnola. Qui al sud è meglio non continuare a far finta di nulla. La ricetta per salvarsi? E’ proposta nel drammatico rapporto Svimez che saluta le industrie: «Per cambiare passo, si propone un nuovo paradigma per il Sud, capace di integrare sviluppo, qualità ambientale, riqualificazione urbana e valorizzazione del patrimonio culturale». Chi lo attuerà? La «solita Regione» della Campania, quella che ha il primato (l’unico) di essere la più costosa e forse tra le più indebitate?
Antonio Irlando