«Una sosta per vivere un’esperienza di discernimento comunitario confidando nella guida dello Spirito. Un sosta che ci porti a riscoprirci Chiesa vera, accogliente, caritatevole, gioiosa, misericordiosa, radicale, presente, coraggiosa, libera, umile, fedele».
Con queste parole il vescovo di Nola, mons. Beniamino Depalma, ha definito il Sinodo diocesano che è iniziato lo scorso 11 ottobre 2012, al termine di una Celebrazione Eucaristica presso la Basilica Cattedrale di Nola. Una data importantissima non solo per la Chiesa di Nola, ma per tutta la Chiesa: «segna – ha scritto mons. Depalma nel Messaggio agli uomini e alle donne di buona volontà per l’inizio del Sinodo della Chiesa di Nola – per volontà di Benedetto XVI, l’apertura dell’Anno della fede in coincidenza con il cinquantesimo anniversario dall’indizione del Concilio Vaticano II […] oggi come allora, ci incita il Santo Padre, saremmo incapaci di muovere qualsiasi passo verso il bene dell’umanità senza sostenerci nella fede in Dio Padre».
E del Concilio la Chiesa di Nola farà memoria con quattro incontri sulle quattro Costituzioni dogmatiche, a partire dal 21 dicembre 2012: alle 19:00, nella Basilica Cattedrale di Nola, p. Ermes Ronchi, docente di Estetica Teologica e Iconografia, dialogherà con Lucia Annunziata, direttrice dell’Huffington Post, su “Dei Verbum: la Parola di Dio incontra le parole degli uomini”. Sono trascorsi ottant’anni dall’ultimo sinodo diocesano, indetto nel 1934 da mons. Egisto Domenico Melchiori.
Un tempo caratterizzato da cambiamenti veloci, dall’immagine «di un Sud – scrive ancora mons. Depalma – troppo spesso dimenticato e disprezzato, salvo che nei momenti elettorali», ma anche «da una colpevole impostazione culturale che ci porta come meridionali a disinteressarci del bene comune attendendo sempre l’arrivo di un salvatore, di un protettore, di un padrino, di un santo in paradiso (e le minuscole non le uso a caso) che risolva le nostre faccende private, lasciando gli altri alle proprie pene. Di fronte a tutto ciò, un Sinodo […] interviene con la speranza di proporre una nuova, condivisa e forte impronta educativo-antropologica che coinvolga tutti […]» in un nuovo patto, «un patto di bene e di speranza che guardi soprattutto alle nuove generazioni, altrimenti destinate a sopravvivere, e non vivere, tra povertà materiali e morali e tirannie malavitose».
Pasquale Annunziata