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Pompei: l’auto del sindaco nel parcheggio riservato ai disabili

La Lombardia e Pompei sono collegate da un filo rosso invisibile. Non solo per gli scandali che colpiscono entrambi i palazzi di potere, ma anche per gli episodi di inciviltà minima e, proprio per questo, emblematica. Si è appena spenta l’eco della polemica per il politico lombardo del PdL che ha parcheggiato la sua Jaguar negli spazi destinati ai diversamente abili, ed ecco che  il tutto si ripete in salsa pompeiana. L’auto del primo cittadino, Claudio D’Alessio, stavolta una mini bianca, è stata pizzicata all’interno del parcheggio del Santuario, nelle fatidiche strisce gialle. Proprio  quelle che dovrebbero ospitare solo vetture munite di talloncino per i portatori di handicap. E dire che a Pompei le strisce gialle sono pressoché inesistenti. Eppure il nostro sindaco è riuscito nell’ardimentosa impresa non solo di trovarle, ma anche di sostarvi; in spregio a qualsiasi senso civico elementare. Cosa diranno d’ora in poi i Pompeiani multati per aver parcheggiato negli spazi riservati ai disabili? Così fan tutti? E forse avrebbero anche ragione data questa fulgida testimonianza di etica e correttezza, da parte di chi l’esempio dovrebbe darlo. E a farne le spese sono, ancora una volta, i soggetti più deboli. Del resto, che questa non sia una città per i diversamente abili lo avevamo capito. Emblematica è la storia di Piazza Schettini dove, come  denuncia l’edicolante Giuseppe Artuso, “non ci sono posti auto riservati ai disabili. Si rimane senza parole apprendendo che nelle strisce gialle del Santuario, per i numerosi portatori di handicap che vengono in pellegrinaggio, c’è la macchina privata del sindaco”. A rincarare la dose è Lelio Marinò, presidente del comitato ecumenico: “Si tratta di una bravata scandalosa! Il presidente del consiglio comunale e qualche consigliere di opposizione dovrebbero invitare il primo cittadino a dimettersi!”. Inoltre, sottolinea sempre Marinò, “l’aver parcheggiato in tal modo negli spazi del Santuario sembra quasi una provocazione nei confronti dell’arcivescovo. Questo clima intimidatorio del sindaco verso il delegato pontificio danneggia il buon nome della città mariana”. Non è dato sapere  se sia stata la tracotanza del potere e il senso di impunità che provoca, o semplice leggerezza e insensibilità, ad aver mosso il nostro primo cittadino a un tale atto. Tuttavia, proprio per la sua semplicità, l’episodio è indicativo della tendenza al rispetto delle regole che lui stesso, guida della città, dovrebbe far osservare. Perché, come sosteneva Kant, il potere non dà privilegi ma responsabilità. In ogni caso, in Lombardia, il politico interessato, dopo le scuse di circostanza, è stato costretto a dimettersi. Qui non solo di dimissioni non si parla, ma non sono arrivate neanche le scuse. In questo, purtroppo, non siamo uguali alla Lombardia.

                                                                                                                      Claudia Malafronte

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