Si ricordano i fatti dell’11 novembre 1989 a Ponticelli: un quartiere della periferia est di quella Napoli che ha da raccontare troppe storie di morte.
Era l’11 novembre del 1989 quando nel quartiere di Ponticelli morirono sei persone, quattro delle quali risultate estranee alla camorra, e rimasero ferite altre tre, tra cui una bambina. All’epoca era in atto una faida tra i clan Sarno, gli Aprea e gli Andreotti per il controllo degli affari illeciti sul territorio.
L’associazione Terra di Confine – attiva su questo territorio –ha deciso di onorare la memoria di coloro che sono state vittime della camorra, poiché è soltanto attraverso di essa che quelle persone possono continuare a vivere, così come avrebbero voluto.
Ricordare al fine di educare e sensibilizzare la cittadinanza attraverso una marcia che ha visto proprio i bambini delle scuole elementari di Ponticelli, che saranno e vivranno il futuro di questo quartiere, in prima linea urlare che la camorra è una “cosa sbagliata” e “Noi non la vogliamo!”.
Sono partiti da Viale Margherita, ma il cuore del corteo è stato il corso Ponticelli lungo il quale vi era, con le saracinesche calate, il bar Sayonara: il terreno di guerra in quella notte di 21 anni fa.
Qui la marcia si è arrestata, ed i partecipanti, seduti in strada, sotto il segno delle lacrime amare dei familiari di alcune delle vittime, si sono raccolti in un minuto di silenzio per rievocare quelle persone che si trovavano nel posto giusto, che probabilmente erano soliti frequentare, ma al momento sbagliato; eppure questa frase così retorica e troppo spesso sentita non è sufficiente a concludere ogni discussione intorno a questi episodi.
La marcia si è conclusa in piazza Egizio Sandomenico con l’appello del presidente dell’associazione Vincenzo De Luca Bossa alle istituzioni per l’installazione di un monumento, al centro della piazza, in memoria di quelle persone.
Nello stesso luogo si è tenuto un incontro moderato dalla giornalista Giuliana Covella in cui sono intervenuti i bambini stessi, che hanno letto – tenendosi per mano quasi a suggellare l’unione delle loro idee – pensieri da loro formulati contro la camorra, inducendo chi assisteva al sorriso che suscita la personificazione della speranza e del futuro al sentirli parlare di cose così importanti.
Seguendo i manifestanti si potevano ascoltare persone dire che la camorra così non si sconfigge, che “a loro non interessa quello che fate Voi” e che il marciare è in sé sterile.
Eppure c’è una frase che è il manifesto semantico dell’impegno di questi ragazzi, quella che l’esponente di Libera Don Tonino Palmese ha dato al termine dell’intera manifestazione e che mi permetto di parafrasare così: non è con la marcia che si sconfigge la camorra; questo è un male la cui cura è certamente poco pragmatica, ma è il messaggio ed il sentimento di rivendicazione di giustizia che questa, ed ogni altra manifestazione, vuole dare ad essere il mezzo con il quale la camorra può perdere consensi e potere, perché questo è l’unica via attraverso la quale possiamo aiutare un ragazzo a scegliere da che parte stare: tra la Giustizia e l’Illegalità.
Giuliano Costa