La perizia dei tecnici del Laboratorio del Museo ha consentito non soltanto di ricomporre i frammenti raccolti dopo l’imprevedibile incidente, ma di integrare elementi delle parti strutturali e di quelle decorate. Sono infatti state trovate, in contenitori lasciati dai vecchi restauratori negli armadi del Medagliere, scaglie di ossidiana e tarsie di pietre dure non inserite all’epoca della precedente ricomposizione realizzata negli anni ’60 e rivista intorno al 1974; si è giunti a correggere e integrare le figurine di offerenti e quelle degli animali sacri sotto il tempietto, aggiungendo con estrema pazienza, entro il contorno di filo d’oro, pezzetti di lapislazzuli, malachite, diorite, corallo bianco e rosso, rendendo così meglio leggibili alcuni particolari.
Le tre pregevoli opere sono state collocate in via provvisoria nella sezione pompeiana del Museo, tra gli oggetti in faïence, anch’essi ispirati all’antico Egitto, in attesa di una futura sistemazione tra i materiali che attestano i contatti delle città vesuviane con la cultura, i miti e le religioni delle opposte sponde del Mediterraneo.