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Acqua inquinata per irrigare: il boss Bidognetti accusato di disastro ambientale

Gli scarti industriali tossici dell’Acna di Cengio finivano nelle discariche del Napoletano, ai confini con la provincia di Caserta, grazie a un’azienda, la Ecologia 89, costituita appositamente dallo storico boss dei ”Gomorra” Francesco Bidognetti e da altre persone contigue al clan dei Casalesi di Casal di Principe. Il centro operativo della Dia di Napoli, su delegata della Direzione D partenopea ha notificato in carcere un provvedimento del Tribunale nei confronti del capoclan Bidognetti per le accuse di disastro doloso e avvelenamento delle falde acquifere aggravate dal metodo mafioso e dall’aver agevolato la cosca casalese. ”Cicciotto ‘e Mezzanotte”, cosi’ e’ soprannominato il boss recluso dal 1993 al 41bis, avrebbe smaltito illegalmente tra la fine degli anni ’80 e la meta’ degli anni ’90 in alcune discariche di Giugliano in Campania (Napoli), in localita’ Scafarea, rifiuti pericolosi provenienti da aziende del Nord. La nuova accusa, che conferma come il settore principale del clan di Casal di Principe fosse la gestione del ciclo integrato dei rifiuti, in particolare dello smaltimento di quelli speciali provenienti da altre regioni. Per i fatti oggetti del provvedimento e’ gia’ in corso al Gup di Napoli il processo con rito abbreviato a carico Bidognetti e altri imputati; per il delitto di avvelenamento invece e’ la Corte d’Assise di Napoli a procedere. Il provvedimento notificato lo scorso 7 dicembre aBidognetti, e’ scritto in una nota della Dia, ”ricostruisce anche le responsabilita’ di Cipriano Chianese, Gaetano Cerci e Giulio Facchi (ex subcommissario all’emergenza rifiuti), nei cui confronti il giudice riteneva assenti le esigenze cautelari”. Chianese e Cerci sono ritenuti, insieme aBidognetti, ”organizzatori della programmazione ed esecuzione criminale”. Il 61enne Cipriano Chianese (arrestato nel 2006 e tuttora ai domiciliari, ndr), fu prima titolare della Setri, quindi della Resit srl, societa’ che gestivano le discariche ubicate su un’area di 21,4 ettari. Fu Chianese, insieme a Bidognetti e Cerci, il grande ideatore del traffico, che avrebbe portato a interrare negli invasi che non erano impermeabilizzati 806.590 tonnellate di rifiuti, di cui oltre 30mila provenienti proprio dall’Acna; le oltre 57mila tonnellate di percolato formatosi negli anni, secondo l’accusa, sarebbero finite nel sottosuolo e poi nelle falde acquifere. L’enorme massa di percolato che lentamente sta contaminando le falde acquifere tocchera’ la punta massima di inquinamento nel 2064, quando giungera’ nella falda acquifera sottostante gli invasi Resit. Gli esperti della Procura hanno calcolato che la contaminazione da percolato produrra’ effetti nocivi sulle popolazione, in particolare sui bambini, ma anche sull’agricoltura, che in zona e’ ancora molto praticata, fino al 2080. Dagli esami effettuati e’ inoltre emersa la presenza nella falda di alcune sostanze con concentrazioni oltre il limite tabellare previsto dal Decreto Ministeriale 471/1999, in particolare di dicloropropano e tri-tetra-cloroetilene; il picco della contaminazione della falda, e’ stato accertato, sara’ raggiunto nel 2064. Le indagini hanno anche confermato le intimidazioni fatte da Chianese a Facchi affinche’ il commissariato per l’emergenza erogasse sostanziosi fondi non dovuti alle sue aziende. In particolare, nel 2002, Chianese blocco’ i suoi impianti di smaltimento riuscendo ad ottenere dalla struttura commissariale l’emanazione di un’ordinanza che lo autorizzava ad aprire attraverso la Resit un’altra discarica; da altre aziende riusci’ poi ad ottenere, sempre con l’intervento del Commissariato e di Facchi, circa 10 milioni di euro.

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