I Maya hanno ragione. E’ Natale!

Scrivere del 21 dicembre a poco meno di 24 ore da quella che è diventata “la data di tutte le date”, senza sapere chi e quando leggerà queste poche righe, è come mangiare mentre si vomita.

Dunque? Si fa finta di niente e si scrive. Lo facciamo immaginando alcune buone ragioni.

In tempi di crisi, forti e dolorose come oggi, riaffiorano le paure e le angosce. L’apocalisse è paradossalmente ritenuta una “salvezza” da quella parte dell’umanità che non riconosce di avere fallito inesorabilmente. Con la fine del mondo, sembrano gioire coloro che non vogliono vivere la lotta del presente. Questa “fine”, immaginano, “azzera i problemi”, ma solo perché spazza via tutte le cose e gli uomini che le detenevano.

Ma non è proprio così. Procediamo per paradossi. Se il mondo finirà e poi rinascere, forse risorgeranno i problemi. E allora ripartire la vita nello stesso modo e nello stesso mondo che continuerà a girare su se stesso. Tanto sfacelo per nulla?

Fermi. Chi il 22 dicembre leggerà queste righe, potrà verificare se l’evento accaduto è stato di “proporzioni planetarie” e se è stato capace di “produrre una discontinuità storica con il passato e una radicale trasformazione dell’umanità in senso spirituale”, come sostenuto da alcune profezie della vigilia.

Ma non è, forse, la finzione dei Maya un modo strano per parlare di politica e del fatto che in Italia, nonostante lacrime e sangue, ritorneranno i soliti noti?

Senza scomodare il cataclisma, l’apocalisse, la fine del mondo e i fantastici Maya bastava semplicemente ricordare che è Natale anche quest’anno. Sarà probabilmente un “brutto Natale”, come ripetono in tanti, ma non certo per colpa dei Maya, ma per quello che si profila nel panorama politico italiano.

Il popolo che ha ispirato le fantastiche e terrificanti profezie, non ha nessuna colpa per un mondo che non gira più nel verso giusto. In tanti si son messi di traverso con angherie, soprusi e violenze continue al grande patrimonio dei beni comuni dell’umanità. Ora molti di quelli, con nemmeno tanto abili travestimenti, si ripresentano per “salvare l’Italia”.

Ai Maya, in fondo, dovremmo essere grati. Hanno ragione, ma non sulla fine del mondo. La gratitudine risiede nell’aver riproposto, in un modo stravagante, l’attualità del Natale, ricorrenza della fine di un mondo e l’inizio di un nuovo mondo, spiegato da un uomo di nome Gesù. Da allora la storia è cambiata ma non si è del tutto compiuta. Ma non è colpa dei Maya.

Antonio Irlando

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