Caf presi d’assalto: ”Vogliamo chiudere per non fallire”

Il 31 dicembre prossimo, come ogni fine d’anno, si chiudono i bilanci: i dati emersi come l’allarme lanciato dal centro Caf della Federcontribuenti sono a dir poco in linea con la paura e il pessimismo per l’anno che verrà.

Il 2012 è l’anno record per la chiusura delle imprese fallite.

Sono circa 200 le imprese che ogni giorno escono dal mercato del lavoro a causa di fallimenti (9.000), procedure concorsuali non fallimentari (1.500) e liquidazioni(45.000). In questi giorni, i centri Caf sono presi d’assalto da piccoli imprenditori che, temendo il peggio, chiedono la chiusura delle proprie imprese: tra imprese fallite e quelle chiuse si perderanno oltre 100 mila posti di lavoro. Le ragioni sono tutte di natura fiscale. Impauriti dall’accanimento nei loro confronti, dagli studi di settore, all’aumento della tassazione, dall’aggressione delle banche e di Equitalia, sembrano preferire chiudere e salvare il salvabile.

I numeri aggiornati delle aste giudiziarie.

Vendite in corso: beni immobiliari 35.054, beni mobiliari 1.677
Vendite pubblicate: beni immobiliari 699.206, beni mobiliari 28.438

La metà sono case tolte ai cittadini colpiti dalla mannaia di Equitalia. In mano alle banche, le principali creditrici delle imprese, un patrimonio di case, terreni e capannoni ingente, incalcolabile.

La realtà è ben peggiore di quella che viene raccontata. C’è sfiducia tra la società civile, una sfiducia soprattutto alimentata dalla poca credibilità verso questa classe politica. Abbiamo, sulla nostra pelle, dimostrato che l’austerity non solo non produce pareggio nel bilancio pubblico, ma, peggiora l’economia interna.

”I sacrifici, dichiara il presidente Paccagnella, li chiediamo ora noi ai politicanti: rinunciate a 12 mesi di stipendio o pensione e resettate i debiti dei contribuenti. Inoltre, ordinate alle banche di dare soldi alle piccole imprese al tasso imposto dalla BCE. Per il futuro e che sia prossimo, ricordate: le imposte, il carico fiscale, va deciso per fasce diverse di reddito, altrimenti, manca una giusta proporzione tra il dare e l’avere e chi ha poco perde tutto

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