
Le indagini dell’Ufficio Antifrode hanno permesso di ricostruire un complesso disegno fraudolento messo in atto dal 2004 al 2011. L’organizzazione utilizzava alcune strutture societarie, a essa collegate o riconducibili, e caratterizzate da una serie di irregolarità fiscali, per simulare l’attività esercitata. Le società interposte operavano da mero schermo tra le attività fraudolente e la vita operativa del vero soggetto economico, formalmente in regola dal punto di vista fiscale. I rapporti tra i vari soggetti aziendali servivano, quindi, unicamente per pianificare fittizie posizioni creditorie in capo alla società oggetto del controllo. Quest’ultima, infatti, attraverso fittizie transazioni commerciali faceva ricadere l’obbligo tributario, rimasto insoluto, sulle società interposte, usufruendo di un notevole credito Iva scaturente da fatture inesistenti.
La società controllata, dunque, risulta essere la beneficiaria della frode e, a differenza di altri analoghi casi nei quali i soggetti aziendali sono mere scatole vuote, è intestataria di beni fiscalmente recuperabili.