Tra qualche giorno non termina solo la campagna elettorale. Forse terminerà l’esistenza di una generazione politica. Forse terminerà un “sistema” politico.
Agli occhi e nella mente di una crescente e trasversale maggioranza di cittadini è ormai chiaro l’avanzato stato di cancrena del sistema dei partiti. Quasi sempre sono percepiti come strumenti “ad personam” per le caste che li compongono. Si vive una lontananza (diffusa e talvolta abissale) dai bisogni dei cittadini. A nulla servono esempi individuali di buoni candidati che lavorano per i territori di appartenenza. E’ il contesto della politica in campo che provoca avversioni.
E’ convinzione diffusa tra elettori di tutti gli schieramenti che nessuno dei competitori riuscirà a vincere per governare con le coalizioni di provenienza. Tutti dovrebbero far ricorso a contorsioni politiche e alleanze innaturali per evitare l’ipotesi concreta di ingovernabilità. A sentirli si sparano dialetticamente contro. Le premesse, dunque, sono delle peggiori.
La depressione delle proposte di governo, a meno che non si mente come fa qualcuno, è il più ampio capitolo delle “agende” dei contendenti. La crisi economica è solo lo scenario che toglie il sonno ai partiti. Lo scrittore Erri De Luca, parlando nei giorni scorsi a Napoli, ha sintetizzato un diffuso sentire: «Il Paese si deve liberare di una classe dirigente scaduta, di credito e di efficacia».
La traduzione della forte delusione e del malessere crescente si traduce quasi sempre in astensionismo. Questa volta, spiegano alcune ricerche, chi resterà a casa rientra nella norma, forse in valori endemici. Chi è destinato a crescere è il numero di coloro che pensano di manifestare la propria rabbia in un modo democratico, dunque con il voto. Prudenti sondaggi ufficiali, insieme a sconvolgenti valutazioni dall’estero, attribuirebbero percentuali da “primo partito” ai movimenti, immaginati non tanto come forze di governo immediato, ma come strumenti per una radicale bonifica dei “luoghi” della politica, attività preliminare per edificare un nuovo e buon governo dell’Italia.
Antonio Irlando