I tentacoli del clan dei Casalesi in Toscana: 19 arresti e sequestri per 20 milioni di euro

carabinieri-notte19 arresti e  sequestri per 20 milioni di euro: identificata una “costola” del clan camorristico dei Casalesi in Toscana. L’operazione di polizia, scattata fra la Campania e la Toscana nell’ambito di un’inchiesta dei magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, ha portato all’arresto di 19 persone, di cui 13 catturate in Toscana, facenti capo alle famiglie Schiavone, Iovine e Russo. Le indagini hanno accertato la presenza di un gruppo camorrista insediato da trent’anni in Toscana “grazie – sottolineano gli investigatori – alla collaborazione di un importante e influente imprenditore locale di origine casertana, ben inserito nel tessuto economico, imprenditoriale e istituzionale della zona: Stefano Di Ronza”. I rapporti tra il gruppo attivo in Toscana e quello campano non sempre sono stati pacifici, come dimostrano pesanti atti intimidatori allegati all’inchiesta di Napoli. Fatto e’ che gli esponenti dei clan estorcevano denaro a tappeto grazie alla forza intimidatrice propria della criminalita’ mafiosa e forti del possesso di numerose armi che venivano sotterrate nei terreni riconducibili agli uomini del sodalizio dove si svolgevano anche le riunioni tra i rappresentanti dei clan. Nel corso della stessa operazione uomini della direzione investigativa antimafia di Napoli e Firenze hanno eseguito sequestri di decine fra immobili, aziende, attivita’ commerciali, per un ammontare di oltre 20 milioni di euro.Per la procura condizionavano il rilascio di concessioni e autorizzazioni amministrative, di acquisizione d’appalti e servizi pubblici; influenzavano anche i diritti politici dei cittadini (ostacolando il libero esercizio del voto, procurando voti a candidati indicati dall’organizzazione in occasione di consultazioni elettorali), imponevano tangenti a coloro che affittavano ville e appartamenti a cittadini statunitensi della Base Us Navy di Gricignano di Aversa e imponevano il pizzo a imprenditori originari di Gricignano che si erano trasferiti a Viareggio dove, per un periodo, la sorella di un boss della camorra aveva anche aperto un’attivita’ commerciale – un vivaio – con concessione di Dia, poi revocata nel 2008 dal comune. Di questo e anche di altro sono accusati i 20 destinatari della misura cautelare emessa dal gip di Napoli Tullio Morello nell’ambito dell’operazione della polizia di Lucca e Napoli denominata Talking Tree. A svelare il contesto delle estorsioni sono stati, principalmente, due collaboratori di giustizia: Orlando Lucariello e Salvatore Laiso.I destinatari della misura sono: Agostino Autiero, Antonio Cerullo, Francesco, Gianluca e Guglielmo Daniele Di Chiara, Massimo Diana, Maurizio Di Puorto, Stefano Di Ronza, Franco Galante, Nicola Garzillo, Raffaele e Maria Grazia Lucariello, Francesco e Giuliano Martino, Marcello Mormile e Salvatore Mundo, Michele Pannullo, Costantino Russo, Giovanni Sglavo e Pietro Tessitore. A vario titolo, per la Dda di Napoli, tutti partecipavano alla componente del sodalizio che faceva capo alle famiglie Schiavone-Iovine-Russo, che controllava militarmente la provincia casertana e diverse attivita’ economiche, in particolare la zona di Gricignano d’Aversa, Succivo e comuni limitrofi della provincia di Caserta nonche’ la cittadina di Viareggio e zone limitrofe. Uno degli affiliati, Francesco Martino, nel 2010, stando ai pm, aveva puntato una pistola in testa a un imprenditore per impedirgli di parlar male di un altro imprenditore vicino alla camorra. La sorella del boss Lucariello, inoltre, stando alle stesse ammissioni del pentito, gestiva gli affari del clan anche nel centro Italia. L’indagine era partita nel periodo antecedente le festivita’ natalizie del 2010, in particolare il 5 novembre del 2010, quando la Dda aveva intercettato alcune conversazioni dalle quali emergeva che un gruppo di Casalesi era partito dai paesi casertani e si era diretto a Viareggio e dove aveva immediatamente contattato Maurizio Di Puorto per poi recarsi da un imprenditore del luogo. Dopo il pentimento di Orlando Lucariello, le indagini hanno subito un accelerazione. Il pentito Salvatore Laiso nel verbale d’interrogatorio reso in data 9 marzo 2012, spiega: “Dopo pochi mesi Orlando venne arrestato e il Russo temeva che iniziasse a collaborare con la giustizia sospettando che si fosse costituito. Sono al corrente pero’, che Massimo Russo per recuperarlo e indurlo a non collaborare gli mandava uno stipendio attraverso la sorella Maria Grazia ed il nipote Lelluccio di cui non conosco l’entita’”. Fu proprio Salvatore Laiso, un giorno, a sparare diversi colpi di pistola indirizzati al una vettura intestata al comune di Gricignano di Aversa guidata dal fratello del boss arrestato.

 

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